domenica 8 maggio 2016

La Cura.

Zafón dice che il bello dei cuori infranti è che possono rompersi davvero solo una volta, perché il resto sono graffi e basta.
Ecco, io a questo signore vorrei dire che il cuore si spacca ogni giorno di più, in mille frammenti infinitesimali, fino a che non rimane più niente. Fino a che diventa tutto polvere.

Stanotte, rientrando a casa, sono stata per più di un'ora paralizzata sul letto, senza la forza di fare nulla, nemmeno di spogliarmi per mettermi a dormire.
Fissavo il vuoto con in testa una marea di perché, una marea di domande, una marea di dubbi.
Vorrei giustificarmi dicendo che se ho pianto è solo colpa della settimana di pausa dalla pillola, degli ormoni scompigliati e del mal di testa che non mi lascia in pace, ma la realtà è che se ho pianto è esclusivamente perché ogni tanto si presenta il conto della tensione accumulata e crollo anche io. Insieme a tutto il resto.

Pensavo che sono cresciuta nel modo sbagliato.
Disilludendomi. Spesso e volentieri da sola.
Pensavo che sono così abituata alle brutture del mondo che, per me, è tutto normale.
È tutto giusto, è tutto lecito.
Per me è normale stare ore ad aspettare che un telefono squilli, per me è normale pensare di non essere la prima scelta di nessuno, per me è normale sentirmi sempre messa un po' da parte. Sempre un po' indietro, sempre un po' più in là.
Per me è normale perché è così che mi hanno abituata.

Ultimamente mi domando spesso se l'attaccamento che provo io nei confronti delle persone sia talvolta ricambiato allo stesso modo. E la cosa più amara è che se devo rispondermi, alla fine, mi dico sempre di no; mi dico che la gente a me non si affeziona.
Non lo so perché è così.

Ieri mi è successa una cosa strana. Strana, ma bella (addirittura!).
Una mia amica ha fatto leggere un mio vecchio post all'uomo di cui è innamorata: lui ha letto ogni riga estasiato - a quanto dicono - esclamando che le parole che ho scritto sono bellissime e quello che ho cercato di esprimere lo è anche di più.
(Per i più affezionati lettori, il post in questione è "Una splendida giornata di merda", ndr.)
La mia amica allora gli ha detto che il giorno in cui lei è arrivata in lacrime da me, io l'ho abbracciata e poi ci siamo sedute fuori in balcone, le ho offerto un bicchiere d'acqua e l'ho fatta ridere.
Me lo ricordo, in effetti è andata proprio così. Seppur avessi il cuore rotto e rattoppato alla meno peggio anche io.
E a quel punto lui, l'uomo di cui è innamorata, dopo aver sentito questo racconto, ha detto che io sono La Cura.
La cura ai mali del cuore. 
Questa cosa mi ha fatto un po' ridere, perché non me l'aspettavo. E come al solito quando mi dicono qualcosa di bello e che non mi aspetto, io ne rido. Perché non so fare altro.
Non so incassare complimenti, so incassare solo colpi. 

Mi vorrei diversa.
Mi vorrei con meno sentimenti e meno cervello e meno centimetri sulle cosce.
Mi vorrei come quelle donne spavalde che dicono di non avere bisogno di nessuno.
Mi vorrei con meno cuore e più testa. E mi vorrei pure un po' più stronza.

Mia madre dice che non ho pazienza, io invece vorrei farle sapere di tutti quei vaffanculo che mi sono morti in bocca per evitare di creare casini, per evitare di far dispiacere la gente, per evitare che qualcuno ci restasse male.
Vorrei anche dirle di tutte le volte che hanno preferito altre a me e che tutte quelle volte ho semplicemente dovuto girarmi dall'altra parte, chiudere gli occhi e far finta che non fosse successo niente.
Inoltre vorrei dirle che spesso mi maltrattano, in generale, lì fuori nel mondo.
E io prendo tutto questo male e lo ripongo da qualche parte dentro di me, senza mai alzare la voce per paura di disturbare.
Se non è pazienza questa...
Forse più che pazienza è stupidità. In effetti.

Non so perché sia sempre tutto così complicato, non so perché le cose partano bene e finiscano in bagni di sangue.
Non so perché finisco sempre fra le braccia sbagliate.
La cosa che mi fa ridere è che quasi mi ritengo fortunata, quando succede.
Perché, anche se sbagliate, sono comunque braccia che mi tengono stretta da qualche parte. O almeno fingono di farlo.
Passano gli anni, ma io continuo a vedere il mio disfacimento e le mie speranze morire negli occhi di qualcuno che ha tentato il possibile per entrare nelle mie grazie.
Questo è ciò che non concepisco: battersi il petto per attirare la femmina di turno ed una volta avuta battersene invece le palle.
Che come paragone rende parecchio.

Vorrei potermi ancora illudere.
Sembra stupido. Lo è forse in parte.
Ma vorrei svegliarmi la mattina e guardare le buone azioni semplicemente per quello che sono, ricevere complimenti senza ridere, essere abbracciata senza dover pensare di dovere qualcosa in cambio. Vorrei poter credere di essermi sbagliata fino ad ora.
E invece ho come la netta sensazione che avanzando, tutto questo, peggiori e basta.

Cristina è un'amica di mia mamma, da sempre.
Si sono conosciute in un brutto periodo, quando a Roma ci si ammazzava per strada come cani.
Quando a Roma ragazzi di quindici anni morivano affogati nel loro stesso sangue perché la loro idea politica non stava bene a chi teneva in mano le pistole.
In quel periodo mia madre perse un amico e Cristina suo fratello, che guarda caso erano la stessa persona.
Si sono conosciute così. Si sono conosciute in una parentesi storica così nera che fa piangere.
Lei, Cristina, anni dopo si sposò e al matrimonio arrivò con un classicissimo vestito da sposa bianco e sotto gli anfibi. L'ho sempre amata tantissimo questa storia.
Mi piacciono le persone fuori dagli schemi. Mi piacciono le persone a cui non frega niente.
Mi piacciono le persone strane.
Insomma, come le migliori storie d'amore raccontano, i neo sposini scapparono dalle rispettive famiglie e andarono a vivere in campagna.
Dal centro della città, dal centro di Roma, alla campagna. 
Una volta, ricordo, eravamo da loro per il weekend e sul frigorifero c'era un post-it scritto da lui: "ti amo, ancora."
Credo sia una delle cose più belle e romantiche e profonde e carnali e spettacolari che io abbia mai letto. In quell' "ancora" c'era tutto.
C'erano anni e anni di lacrime, di amore, di passione, di rabbia, di amarezza, di bellezza, di sadismo, di stronzate, di errori, di baci, di tutto. In quell' "ancora" c'era tutto.
L'ho sempre tenuta a mente questa cosa. Perché al tempo ricordo di aver pensato "voglio una cosa così, nella mia vita". Una di quelle che arriva e non ci capisci più niente.
E ti viene voglia di scappare in campagna per quanto proprio non ci 
capisci più niente.

Si sono lasciati anche loro.
Ecco il risvolto mortifero di questa bellissima storia d'amore.
Si sono lasciati e pure male.

A me fa solo schifo essere spettatrice di questo scempio generale che è il mondo.
Mi fa schifo perché intorno è tutto un cumulo di macerie. E' tutto un tentare e arrendersi al primo fallimento.
Ed io non ci capisco più niente. Ma non tanto da andarmene a vivere in campagna, no.
Non capisco più in cosa sia giusto credere.

Io ogni tanto penso alle persone che fanno parte della mia vita o a chi ne ha fatto parte.
Penso alle pseudo relazioni che ho avuto, agli incontri occasionali, a chi ci ha provato ed è scappato, a chi non ha mai richiamato, a chi invece lo ha fatto, ma poi è andato via lo stesso. Penso a chi dice di volermi, ma non me lo dimostra; penso a chi non mi vuole e me lo dimostra benissimo.
Penso alle brutte parole che mi sono presa in questi anni, alle ore passate a marcire in attesa di un segno; penso al fatto che mi sento sempre di dovermi aggrappare ad un appiglio per evitare che le cose scivolino. E penso che mi fa schifo, perché dovrebbe essere tutto spontaneo.

Mi chiedo dove sbaglio. Perché nella mia testa è sempre colpa mia.
Non l'ho ancora capito e questo mi fa paura. 
Perché continuo a sbagliare e non so come smettere.
Mi sento così stupida a volte perché mi trovo a fantasticare su quello che vorrei o che vorrei sentirmi dire o che vorrei qualcuno facesse per me.
E non parlo di scritte sotto casa o mazzi di fiori sulla macchina.
Mi sento stupida perché di anni ne ho quasi ventiquattro e l'età dei sogni ad occhi aperti è finita da tanto ormai.
L'uomo di cui è innamorata la mia amica ha detto che io sono la Cura.
E' una cosa bella, ma quando ne arriva una anche per me?

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