martedì 15 dicembre 2020

Magari un giorno.

 Ci penso sempre.

Sempre.

Penso sempre a cosa mi manca, perché qualcosa che mi manca ci deve essere per forza.

Mi chiedo se sia qualche taglia in meno.

O forse un tono più chiaro di capelli.

Se dipende dal mio modo di fare.

O forse da quello di vestire. 

Se sono i tatuaggi, il problema.

O se è la mia testa.

Ci penso sempre se magari è il mio sorriso. Non piace neanche a me.

O magari la mia altezza.

La mia parlantina.

Il mio accento? Chissà.

Ci penso sempre a cosa mi manca per essere come mi vorresti. Come mi vorrebbero tutti. 

Ma non ci arrivo mai.

Forse sono più cose insieme.

Forse dovrei essere più magra, più bella, più simpatica e più intelligente. 

Spero sempre che il mio modo di amare possa compensare con il resto, ma forse è ancora troppo poco se non si hanno due grandi occhi verdi, qualche centimetro sui fianchi in meno e qualche pensiero frivolo in più.

Ci penso sempre a cosa mi manca.

Ma sono troppe cose e non riesco a recuperarle tutte.

Magari un giorno scopro che non mi manca niente.

Ma nel frattempo quanta miseria.

giovedì 22 ottobre 2020

Le cose che mi merito.

Mi merito le ottobrate romane, il cielo libero da nuvole e un sole tiepido che ti scalda dentro, più che fuori.

Mi merito una colazione lenta, fatta di risate e occhi senza trucco. 

Mi merito di ridere

Merito una risata per ogni pianto di questi giorni, di questi mesi, di questi anni.

Mi merito l’amore. Quello vero.

Mi merito di essere guardata con gli stessi occhi con cui io guardo chi per me è essenziale e insostituibile.

Merito un vestito che mi sta bene. 

E un paio di scarpe abbinate.

Merito di dormire tanto e di riposarmi.

Merito di voler andare a letto presto per svegliarmi il giorno dopo con tanto entusiasmo per fare qualcosa di bello, di coinvolgente.

Mi merito la tenerezza.

Mi merito la gioia negli occhi di chi mi vede.

Mi merito un pranzo vista mare.

Con la sabbia sotto le scarpe e i bambini che giocano a riva, ma con sciarpe e cappotti perché fa freddo.

Mi merito di trovare il mio posto nel mondo.

E nella vita di chi amo.

Mi merito di guardare al domani con sicurezza.

E mi merito di non avere costantemente paura.

Mi merito di essere importante per qualcuno, ma non qualcuno a caso.

Merito che mi venga dimostrato.

Merito tutto quello che ancora non ho avuto, merito la vita che ho perso per preoccuparmi sempre di tutto quello che non va.

Mi merito il meglio.

Ma quando arriva?


venerdì 25 settembre 2020

È tardi (?)

Quanto fa male rendersi conto di qualcosa. Aprire gli occhi, capire che le bugie che ti sei raccontato per anni altro non erano che meri tentativi di indorare amarissime pillole. Fa male. Punto.


Da giorni penso che non ho più niente da dare, ma soprattutto, non ho più niente da prendere. Non posso aspettarmi niente perché niente è quello che mi spetta. È inutile avere fame, voglia di cose nuove e belle. È inutile perché non arrivano e quando lo fanno sono mascherate; si celano dietro speranze e desideri neanche troppo nascosti. Stanno lì, volteggiano su loro stesse, ma poi volano via lasciandoti anche il dubbio di esserci state davvero.


Io non voglio stare così.

Io sono stanca di fare fatica per ogni cosa.

Non c’è un giorno che mi sembri facile e sebbene siano tutti diversi fra loro, ogni giorno è uguale all’altro per le energie che impiego. 

A lavoro devo essere concentrata.

A casa mia devo sventare i continui attentati a cui vengo sottoposta.

Fuori devo proteggermi dal mondo, ma allo stesso tempo donarmi come è giusto che sia.

Io sono stanca.


Sto attraversando un periodo strano, fatto di apparenza e di cose meravigliose, ma anche di tanto dolore. E non posso parlarne con nessuno. Ci provo, ma - come se avessi di nuovo 13 anni - nessuno mi capisce.

Allora mentre penso a tutto quello che mi è successo e mi succede mi chiedo se sia io la rovina di me stessa o se per una volta posso riposare nella consapevolezza di non aver fatto nulla per vivere così. E per una volta vorrei riposare il cervello e passare per la vittima che non ho mai voluto essere.

Anche se alla fine non era poi così sbagliato. 


Nella mia testa invento scenari di rinascita, come una Fenice che dalle sue ceneri risorge e se ne frega di tutto e tutti perché in fondo lo sa solo lei quello che ha vissuto. Ma sono scenari. Desideri, forse. Illusioni, chissà.


E adesso basta perché sto facendo tardi. Anche se è tardi da una vita.

mercoledì 16 settembre 2020

Non ci riesco mai.

 Faccio sempre questa cosa stupida di esprimere un desiderio quando l’orologio segna lo stesso numero per le ore e per i minuti...o quando mangio un nuovo frutto di stagione per la prima volta.

 Faccio l’errore di affidare al nulla cosmico i miei sogni e le mie fragilità. E mi chiedo quanti numeri uguali devo vedere ancora per osservare qualche desiderio realizzato. Mi piace fantasticare, più che sognare. 

Passo la vita a credere che le cose arriveranno, un giorno. E questo giorno indefinito non so quando sarà, ma ho sempre paura che sia già arrivato e io lo abbia perso o peggio che sia tutto qui. Ma non può essere “tutto qui”, non può perché la vita mi deve ancora qualcosa e i debiti si pagano. Sempre. 

Alla fine quando c’è lo stesso numero sull’orologio e la nuova frutta di stagione in tavola il mio desiderio è sempre uno. E allora mi immagino che qualcuno abbassi l’asticella della difficoltà e metta le cose a vista, a portata di mano così che io possa prenderle. 

Ma alla fine non ci riesco mai.

martedì 23 giugno 2020

Fuori (di me)

Io penso sempre che le cose poi migliorano, mi faccio forza con questo pensiero che a volte rimane sul fondo del mio cervello, altre volte invece è forte e prepotente e ci credo per davvero. Penso sempre che le cose poi migliorano.
Un giorno, chissà quando. Poi apro gli occhi e magari quel giorno è arrivato, ma di migliore non c’è nulla. 
Solo passi indietro. Dieci, cento, mille passi indietro sempre. Penso che le cose poi migliorano, ma quando? 
Cerco la razionalità, cerco di guardare cosa ho, cosa ho ottenuto, ma poi inevitabilmente penso a quello che mi manca e a quello che vorrei. 
Quando penso che le cose migliorano è perché mi viene in mente che un giorno magari migliorerò pure io. 
Mi dico che ci sarà un giorno in cui mi guarderò allo specchio e non mi mancherà nulla, mi vedrò bene dentro e fuori perché sarà arrivato il giorno in cui sarò migliore. 
Penso sempre a domani. A settembre mi chiedevo dove sarei stata oggi e oggi è arrivato e dove sto alla fine non lo so nemmeno io. Allora mi viene da chiedermi dove sarò a ottobre e se avrò le risposte che cerco adesso, ma la verità è che a novembre avrò gli stessi dubbi e le stesse paure. 
E io sono così stanca di avere paura. 
Di tutto, di tutti. 
Mi dicono “Da fuori non sembra” e io sorrido e ci rido su e gli altri allora pensano che io rida per davvero. 
Ma da fuori non sembrano tante cose. 
Da fuori ho un lavoro che mi piace, ma dentro lotto ogni giorno con una forza che a volte mi vorrebbe trattenere a letto, al buio e non combinare nulla. 
Da fuori ho ripreso in mano la mia vita, ma dentro mi sento piccola e insicura. 
Da fuori ho raggiunto i miei traguardi, ma dentro non vedo la fine del tunnel. 
Da fuori mi sono laureata (due volte!) ma dentro solo io so quanto sono profondamente delusa da me stessa per aver preso la prima in ritardo. 
Da fuori qualcuno si è accorti di me nel mondo e magari mi vuole al suo fianco, ma dentro lo so solo io quanto piango ogni giorno chiedendomi il perché di tante cose e sentendomi sbagliata e inetta qualsiasi cosa faccia. 
Da fuori sembrano tante cose, ma dentro ci sto solo io. 

lunedì 30 marzo 2020

Fiorella.

Io e Fiorella non ci sentiamo spesso, ormai.
Ma abitiamo vicine.
Quando la incontro mi fa sempre ridere, mi racconta dei figli.
C'è quello gay che ora vive all'estero con il compagno, quello più piccolo che è fidanzato da dieci anni, quella che vive lontano e non chiama mai. Poi c'è quello che fa il professore all'università ed è precario.
Fiorella non ha ancora nemmeno un nipote, ma non si dispera. Ormai mi sa che ci ha rinunciato.
Cor tempo arivano, mi dice.
E' vero, con il tempo arrivano. Arriva un po' tutto. 

Giorni fa mi ha mandato un messaggio e non ho potuto fare a meno di chiedermi cosa sta facendo in questo periodo in quella grande casa all'angolo, da sola.
Lei e Diana, il suo pastore tedesco alsaziano senza il quale non può vivere.
Immagino sia sempre indaffarata, magari mette a posto, riguarda vecchie foto e sente la mancanza di suo marito. Il secondo, però.
Il primo l'ha conquistata che aveva 17 anni. Una bambina.
Aveva da poco perso la madre e non ci capiva molto in quel periodo.

Quando si è sposata aveva poco più che la maggiore età e ben presto ha scoperto cosa vuol dire avere a che fare con un marito violento. 
Con uno che dopo averti dato una sberla e averti vista uscire di casa per non tornare, decide che tu i Suoi figli non li vedi più. Ma si è scordato che sono anche i tuoi.
Quando mi racconta queste cose non so mai che dire, ma lei ora ci ride su. 
All'epoca aveva un cane, un altro pastore tedesco. Laizza.
Per farle un dispetto, il suo ex marito lo fece sparire. Ma Fiore c'ha la capoccia dura e tanto ha fatto che l'ha ritrovato e se l'è portato via di nuovo, in un buco che le faceva da casa mentre regalava soldi agli avvocati per riprendersi anche i figli, oltre che il cane.

Alla fine comunque ci è riuscita.
E dopo un po' è tornato tutto alla normalità.
Anni di sacrifici, ma con il sorriso.

Del suo lavoro in banca Fiorella conserva un sacco di ricordi ed è soprattutto uno quello che la fa emozionare di più.
Quando ne parla i suoi occhi celesti si bagnano un po' e sembra che all'interno ci siano le stelle.
E' iniziata per caso.
"Al mio capo j'ho detto, nun faccia che finisco in stanza co quello eh". Mi dice sempre.
Ma il caso non esiste ed è finita a condividere l'ufficio con uno che le stava sulle palle.
Ed è lo stesso che poi è diventato l'amore della sua vita.
Padre di altri due dei suoi quattro figli.

Lui è morto da tempo e lei non credo si sia mai ripresa.
Quando ne parla mi sembra di vederlo.
Io non lo conosco, ma mi sembra di sì.

L'ultima volta che l'ho incontrata, ridendo mi fa: "Una coppia di amici mi ha aiutata a fare il trasloco alla casa al mare...mi volevo sdebitare offrendogli una pizza. Ma ce credi che ho prenotato pe quattro?"
Achille è morto da non so quanti anni.
Fiorella quando chiama il ristorante conta sempre un posto in più. Il suo.
Il posto che probabilmente era suo da prima di conoscerla e lo sarà per sempre.
Lei ride.
Io provo a fare lo stesso.
"Me so proprio rincoglionita eh!"
E ride ancora.

Achille, io non ti ho conosciuto, ma tu sei stato un uomo fortunato. 
Anche se questo già lo sai.

lunedì 23 marzo 2020

Sail On.

Siamo in quarantena e lo sanno tutti.
Siamo in primavera e lo sanno tutti.
Oggi guardo fuori e c'è un vento che ti sposta e ho le mani fredde.
Fredde che non riesco a spingere bene nemmeno i tasti del pc.
Fredde che vorrei metterle al riparo.
Fredde come quelle che certe volte mi hanno toccato il cuore.

Penso spesso a quello che vorrò fare quando tutto questo casino sarà finito.
A un pranzo al mare, con la spiaggia vuota e qualcuno che ci porta il cane a correre. 
A un weekend fuori, con il mio parka nuovo e il telefono in mano per fare delle foto.
Alla mia pelle nuova, rigenerata da settimane senza trucco.
Penso che sarà tutto più bello.

Come quando sei nella merda e tutto quello che hai intorno sta crollando.
Quante volte muovendomi fra le macerie della mia esistenza mi sono detta "Cambierà".
E qualcosa poi è cambiato davvero.
Quante volte facendo attenzione a rimanere in equilibrio mi sono detta "Questa cosa finisce e arriva il bello, deve arrivare". 
E deve arrivare davvero, il bello.

Altrimenti che facciamo qui? Cosa aspettiamo?
Io mi accontenterei anche solo di non piangere più così tanto.
Piango perché certe cose mi fanno male al cuore e piango perché altre invece mi fanno bene.
Non sono abituata a ricevere, niente.
Così ogni briciola di tenerezza diventa per me una miniera d'oro. E mi ci aggrappo distruggendomi le mani.

Allora penso a certe cose che sono successe.
A giorni lontani e a giorni vicini.
Penso a quanto vorrei ora fare quello che amo da sempre, con chi amo da sempre.
Penso che il caso non esiste e siamo tutti burattini di un destino scritto da qualcuno che probabilmente ci ha voluto molto bene e molto male allo stesso tempo, ma che in fondo non può lasciarci perdere.

Le cose ritrovano il loro posto.
Le cose importanti tornano dov'erano.
Anche se nel mezzo le avevi perse, buttate magari.

Le anime sono in trasloco, a volte.
Ma poi Casa è una sola e a un certo punto la trovano tutti.
Io so che è così. Deve esserlo.








martedì 21 gennaio 2020

Sonetti sbagliati.

Ho scritto per te le parole più belle che conosco, le conservo tutte per quando un giorno potrò dirtele.
Ho immaginato paesaggi, inventato storie, idealizzato scenari. 

Un giorno te li racconterò uno per uno, ma spero non saranno mai più belli dei paesaggi veri, delle storie vere e degli scenari veri scelti per noi.

La vita è incerta e tutto è instabile, ma voglio credere che non giochi così sporco. Che l'illusione lascia spazio alla realizzazione e che tutto trova il senso che in realtà ha sempre avuto.

Ho deciso di dare, senza aspettare che qualcosa torni. Ma un pochino ci spero sempre.
Ho deciso di provare, senza calcolare le probabilità di riuscita.

A volte vado giù in picchiata, altre invece potrei dare lezioni di volo. Certi giorni mi spiaccico per terra, altri sono inarrivabile. A volte invece vacillo e basta.

Spesso piango. 
Anche di gioia. 

Quando ti penso credo ai miracoli. 
Quando muoio dentro un po' meno.

Se guardo il futuro lo sacrificherei tutto, per un'ora in più. Un'ora in cui le parole più belle che conosco possano saltare fuori dal mio stomaco, trovandoti.

Arrivandoti dritte in petto, le mie parole, ti farebbero tremare. Tremare come davanti a un tramonto stupendo, tremare come quando hai un po' paura, ma in fondo ormai è tardi.

Ma è davvero tardi? 
O forse è appena cominciata? 

Per fortuna - e che fortuna - che tu m'hai fatto tanto male.
Così quello che è venuto dopo non l'ho proprio sentito.