mercoledì 22 marzo 2017

L'amore degli altri.

L. e L. si sono conosciuti nel 1984.
Lei alta meno di un metro e cinquanta, lui immenso.
Erano a cena con amici comuni, quella sera. Lui dal fascino prepotente di chi della vita se ne frega in generale, lei che non sapeva nemmeno cosa avrebbe mangiato a pranzo il giorno dopo.
Da quella sera, non si sa bene come, non si sono più staccati.
Succede così: per caso. Che poi un caso non lo è mai.
Lui era in Italia di ritorno da un viaggio estenuante, con due matrimoni falliti alle spalle e la voglia di riprendere in mano la valigia e partire per non tornare. E lei era lì per seguirlo, anche se ancora non lo sapeva. Ma così è stato.
Canarie, Cuba, Spagna. Un piccolo giro del mondo che li ha tenuti stretti, mano nella mano, per tanti anni. Tantissimi anni. Fra mille problemi, mille drammi, mille risate e tantissimo Sole. Così dice lei.
Le ho chiesto cosa l'avesse colpita, al tempo, di lui e mi ha risposto "mi ha fatto ridere subito".
Ed io ho capito e l'ho sentita molto vicina.
Quando la incontro mi guarda e mi dice sempre "non te preoccupà, che arriva pure pe te, ma non ce devi avè fretta, che è mejo. Fidate!" e poi ride. Ed io appresso a lei.
Adesso le Canarie, Cuba e la Spagna sono lontane anni luce, ma si avverte nostalgia quando ne parlano; L. e L. vivono in una villetta alla periferia di Roma e dopo un tempo che sembra infinito si scambiano ancora simpatiche battute sconce e sorrisi tenerissimi.
Non hanno mai avuto figli, solo due cani, due boxer, che si sono trascinati via brandelli di cuore quando sono venuti a mancare.
Sono più di trent'anni che lui ripete che la migliore lasagna mai mangiata in vita sua è quella della sua dolce metà. L'anno scorso L. si è ammalato: un brutto male che è riuscito a sconfiggere non si sa bene come e lei continua a dire che non ce l'avrebbe fatta a passare il resto dei suoi giorni senza di lui.
Lo dice con il suo fare ironico, ma si vede che ha sofferto.
"E chi je la faceva a non sentillo più russà tutta la notte?" e ride ancora, con la voce un po' roca di una che fuma da quando ha memoria.
Insieme sono una di quelle coppie che fanno sorridere gli altri perché sorridono sempre fra di loro.


B. è una signora elegantissima, con i capelli castani, la pelle olivastra e gli occhi vispi.

Ride praticamente sempre e lo fa in un modo così coinvolgente che se non ridi appresso a lei è davvero un crimine. Viene dall'Argentina e non ha mai perso l'accento nonostante parli italiano meglio di molti italiani. Tantissimi anni fa arrivava a Roma per la prima volta e se ne innamorava così tanto e così profondamente che tornata nel suo Paese aveva deciso di dare lezioni di Italiano presso una scuola di lingue di Santa Fe.
La scuola era gestita da un ragazzo di Roma che si trovava lì per cercare fortuna - e in teoria l'aveva pure trovata - che un giorno decise di organizzare un viaggio in Italia per far vedere agli allievi le cose più belle che il nostro Paese ha da offrire e scelse B. come unica rappresentante e tutrice della gita.
Le disse "vai tu, così ripassi anche l'Italiano e se hai bisogno di qualcosa non ti preoccupare, che c'è mio cugino lì che ti può dare una mano".
B. ride quando racconta questa storia e lo fa con occhi da cui cadono scintille.
Insomma ai tempi non esistevano mail, non esistevano sms, non esisteva WhatsApp. Non esisteva nulla. Tranne le lettere.
Fu così che A. - cugino del proprietario della scuola di lingue in Argentina - ricevette una lettera nella quale era scritto che sarebbe arrivata una ragazza, che sarebbe rimasta una quarantina di giorni e che se fosse stato necessario avrebbe dovuto aiutarla.
A. pensò "mazza che rottura de palle!".
Da quel giorno A. e B. - e non vuole essere un problema di matematica - stanno insieme. Lei non è più tornata in Argentina, o almeno non da sola e in modo permanente.
Le ho chiesto "ma come mai alla fine sei rimasta a Roma?", mi ha sorriso e facendo un cenno con la testa ha indicato A.
Poi si è girata, l'ha guardato e gli ha detto "eh, alla fine te la sei tenuta per tutta la vita la rottura di palle". E si sono messi a ridere. Insieme.


B. e F. sono appena trentenni e quando si guardano negli occhi vedi una cosa che non si può descrivere a parole.

E si potrebbe pensare sia la normale valanga emotiva dei primi tempi, quella che ti travolge e non puoi farci niente.
Ma i loro primi tempi durano da tredici lunghi anni.
Una volta li ho sorpresi a ridere di nascosto e mi è sembrata la cosa più bella che avessi visto in tutta la mia vita.
Fra la gente, in mezzo al locale, ridevano cercando di non farsi vedere.
B. e F. passano tutte le loro giornate insieme, da praticamente tutta la vita e non immaginano un futuro nel quale uno dei due non c'è.
Ho guardo F., una sera, e le ho chiesto come si può - dopo tanti anni - cercare ancora le stesse braccia nel letto, di notte e come si può - dopo tante primavere - tenere duro anche quando sembra impossibile.
Ha abbassato lo sguardo, ci ha pensato posando il bicchiere di birra sul bancone e poi ha detto "...bisogna amarsi".
Ed io non ho avuto altro da chiedere.