sabato 7 gennaio 2017

La vita dopo.

La vita dopo fa schifo: è diversa.
E' un'altra.
Inizia annaspando fra singhiozzi indecenti, correndo per nascondersi da una stanza ad un'altra, da un muro all'altro, per non farsi vedere.

La vita dopo è un vortice nero, un tunnel buio, arredato di ratti e melma.
La vita dopo è schivare il vivere stesso, rifuggendo la luce per paura di bruciarsi.
E' camminare mettendo le mani avanti, ovunque, sempre, per paura di sbattere la faccia su qualche superficie fangosa, umida e tagliente.
E' provare dolore ad ogni respiro, senza nemmeno sapere perché.

La vita dopo è quando cammini in mezzo alla gente e sei più solo che mai, quando non hai niente, nemmeno un incavo di collo dove poggiare il naso freddo nei pomeriggi invernali.
E' quando non sai come arrivare a fine giornata, cosa fare per non pensare, per non vedere, per non sapere. Per non esistere.

La vita dopo ti prende a schiaffi come mai aveva fatto prima, ti spinge in terra con forza e ti calpesta ogni istante.
Ti ricorda che hai fatto male, ancora, a sperare.
La vita dopo ti accompagna, mano nella mano, in qualche emisfero infame, qualche parte del mondo così buia e così nera e così fredda che non pensavi potesse esistere. La vita dopo è solo una parentesi mortifera che ti schiaccia e al contempo ti attanaglia.

La vita dopo è emozionarsi di essere riusciti a ridere. Di nuovo.
E' perdersi negli occhi di qualcuno e pensare di volerci morire, ancora, nonostante tutto.
E' fissare il soffitto con dolore.
E' pensare di accarezzare qualcun altro che non ha la stessa pelle che eri abituato a sentire sotto le mani ogni giorno.
E' immaginare di farsi prendere da braccia estranee e chiedersi se siano in grado di sorreggerci.

La vita dopo è capire che non c'è rimedio e per questo si va avanti. A schiantarsi su nuovi pali, su nuovi muri, su nuovi cuori.
La vita dopo ti insegna che di vite dopo ce ne sono infinite.
E oggi è un anno che la mia vita è diventata lo strascico di un'altra passata. Un anno e un giorno per l'esattezza.
Quello in cui, più di trecentosessanta giorni fa, marcivo logorandomi in me stessa senza sapere cosa fare di tutto quel poco che mi era rimasto.

Ma adesso è tutta un'altra storia.
E tu invece come stai?