giovedì 28 novembre 2019

2 aprile 2018 00:16

Spesso e volentieri esistono giornate da depennare, da chiudersi in casa e dimenticare.
Sembrano giornate fatte appositamente per darti un calcio sugli stinchi ed un altro in faccia quando ormai sei a terra esanime.
Non so perché succede o perché succede così spesso. Ultimamente mi sembra di essere su un’altalena, trovo tutto così strano ed indecifrabile.
Mi trovo peggiorata su tantissime cose, non mi riconosco e stento a crederlo; su altro invece sono migliorata, cresciuta. O forse, semplicemente, più disillusa.
Penso spesso al mio futuro con tanta paura perché ho l’impressione di non poter uscire da sto tunnel ormai completamente arredato, nel quale sguazzo da secoli.
Oggi è una di quelle giornate che ti prende a calci in faccia e sugli stinchi, una di quelle giornate in cui fai il resoconto di ciò che ti manca e ti accorgi che è più di quello che hai.
Sopperire a certe mancanze ti rende una persona stanca, a lungo andare.
L’apparenza inganna. Si sa.
Ogni tanto qualcuno incrocia il tuo passaggio e casca dalle nuvole sapendo che in realtà non te la passi come credono loro, fanno quell’espressione sgomenta come se stessi raccontando di quando hai incontrato gli alieni al casello, ti guardano come se il pazzo sia tu, come se stessi raccontando la vita di qualcun altro perché loro hanno deciso per te.
Le persone vogliono guardarti da fuori, il resto poco conta.
C’è troppa responsabilità ad affacciarsi nelle anime e nei cuori degli altri, a guardargli gli occhi da dentro. Magari si potrebbe vedere qualcosa di vero e di crudo e di impervio. E questo non piace a nessuno. Proprio a nessuno.
Se vuoi fottere la mente devi pensare sempre in positivo, devi raccontarti che è tutto momentaneo, che poi le cose belle arrivano; devi raccontarti che ce la fai come sempre come ogni volta come tutti.
Io però, in certe giornate che ti prendono a calci sugli stinchi e poi in faccia, mica ci riesco a pensarlo.
Allora mi dico che non ce la faccio, che non è vero che poi passa perché alla fine la senti come fosse ieri quella morsa allo stomaco ed il dolore al petto che non ti fa respirare.
In quei momenti mi sento molto onesta con me stessa, perché sto ammettendo di avere un problema e che in quel preciso momento affrontarlo mi sembra un’impresa impossibile.
Io mi sa che non guarirò mai. Anzi.
Forse peggiorerò.
È questo che agli altri non piace sapere.
Ma io l’ho accettato, in parte. E mi godo quel poco che resta, quel poco che ho, quel tanto che basta per non sprofondare.
Vivo su un cornicione sospeso nel vuoto, ogni tanto si abbassa di qualche tacca. Magari un giorno smetterà ed io rinascerò, oppure non lo farà ed io continuerò così.
Dicono sia questo il bello della vita, il non sapere niente di quello che è il futuro.
Crescendo l’ho capito: siamo soli, moriamo soli.
Io non ho bisogno di nessuno, è solo che a volte faccio proprio fatica.