venerdì 21 dicembre 2018

Idiosincrasia.

Il Natale mi rende allergica. Più o meno a tutto.
Mi rende triste, come se avvertissi una mancanza, come se non avessi un pezzo; ma non so quale pezzo sia.
Ultimamente credo di aver perso me stessa, ho lasciato frammenti di me ovunque, ma allo stesso tempo da nessuna parte. Ho fatto dei progressi, dei passi avanti, ho raggiunto degli obiettivi. Eppure mi sembra di essere sempre ferma dove sono, perché manca qualcosa. Qualcosa che non so decifrare.
Ho lasciato pezzi di me nelle case delle persone che non vivo più, nelle macchine di altri, nelle vie di Roma e di altre città.
Ho lasciato me stessa in giro per il mondo e non riesco a tornare intera.
Ho sempre avuto paura di questo, fino ad oggi ho pensato di saper resistere "nonostante tutto"; quel nonostante tutto è un muro su cui schiantarsi più e più volte quando capisci che in realtà stavi semplicemente proseguendo - come tutti - come la vita che scorre nemmeno fosse un fiume.
Quando guardo indietro vedo gli strascichi di ciò che ero e di ciò che sono e non capisco se andarne fiera oppure no. Se mi guardo allo specchio non capisco come faccio a reggermi in piedi. Manca tutto. Manca l'aria spesso e volentieri.

Ogni tanto sono lucida e cerco di convincermi che sono cambiate tante cose.

Io, ad esempio. E' vero, sono cambiata, ma non lo so più. Non so più chi sono. 
So che ho fatto cose che anni fa erano inimmaginabili. Ho continuato a studiare e mi sono laureata di nuovo, in anticipo. La prima fra tutti i miei amici ed i miei cugini. Anni fa questo sarebbe stato sicuramente il sogno di qualcuno, ma il mio incubo. Eppure eccomi. Laureata. Con tante esperienze nuove alle spalle, con qualche consapevolezza in più e qualche errore in meno. E nonostante tutto non mi vedo più, mi cerco e non mi trovo. E forse non ho ancora semplicemente accettato che le cose siano cambiate insieme a me e non sarò mai più la persona che credevo di essere e forse ero.
Ma forse è andata via, per sempre. E magari torna, ma magari no.

Nella vita mi sono sempre sentita nulla.

Non ero brava a scuola, non avevo successo con nessuno ed in niente in particolare. Ho provato a fare tanti sport, ma nemmeno uno mi piaceva veramente. Ho avuto tanti amici e oggi me ne restano pochi. Buoni, ma pochi. Il dramma delle persone come me è avere sempre, costantemente, la sensazione di non aver nessuno da chiamare in caso di collasso, nessuno che alzi la cornetta e dica qualcosa. Il dramma delle persone come me è avere un'idea distorta di tutto. Degli altri che vanno avanti con le loro vite e forse anche io, ma non ne sono certa. E gli anni mi passano veloci come tronchi trasportati via dalla corrente. Se guardo dietro di me viene solo da chiedermi "ma fino ad adesso dov'ero? cosa ho fatto?"; per scoprire poi che ero sempre qui, anche quando cadevo e quando mi rialzavo e quando credevo di farcela, ma poi alla fine non è stato vero. Sempre qui.
Sento strette un sacco di cose e non riesco a liberarmene. Sono ferma non essendolo. Esiste forse qualcosa di peggiore?

Il Natale è alle porte e con lui tutte le considerazioni del caso.

Si contano i posti in meno a tavola, quelli vuoti.
La morte di Alessandra me la porto ancora appresso, non l'ho superata ancora. Non ci penso mai, cerco di evitarlo; ma quando capita sento una stretta al cuore fortissima e mi vengono gli occhi lucidi. Forse perché in lei avevo trovato e ritrovato qualcuno che poteva farmi evadere, anche solo mentalmente. Qualcuno che di bene me ne voleva tanto, anche se non ho mai capito perché.
Però era una bella sensazione. Avremmo potuto fare moltissime cose, ma come sempre il Destino gioca a nostro sfavore.

Sta succedendo di tutto.

Sto scivolando in un vortice, un turbinio di persone, di sguardi, di sensazioni, di pioggia fina e battente. E non so come uscirne. Forse non ne uscirò. Forse troverò il modo di arredare sto posto e farlo mio. Lo custodirò gelosamente. O forse no. E lo abbandonerò. Non posso saperlo.
Non ho più la presunzione di sapere tutto, anzi, ho la certezza di non sapere proprio niente. E questo è davvero bello.
Guardo in faccia gli errori che faccio e mi odio, poi prendo fiato e sorrido perché, in fondo, è una bella sensazione: pensare di star sbagliando perché non si è altro che umani. Nient'altro che persone come tutte le altre al mondo. E questo mi dona un po' di leggerezza; non sto facendo niente che altri non hanno fatto prima di me. E sto imparando a vivere, come fanno gli altri. 
Sto imparando a vivere per me.

21 Dicembre. Solstizio d'inverno.
Il Sole vince sempre le tenebre ed io mi auguro di vincere sul mio buio interiore.

mercoledì 20 giugno 2018

Mercoledì 20 Giugno, 17:24

- Non lo so nemmeno io dove sto andando.
"Ah perché, bisogna andare da qualche parte?!" 
- Beh sì dai, lo fanno tutti. Tutti alla fine arrivano...
"Ma arrivano dove?"
- Non lo so, ma da qualche parte arrivano. Credo...dove vogliono arrivare...no?
"Non so. Forse."
- Mh...
"E tu?"
- Io cosa?
"Tu dove vuoi andare?"
- Non lo so, te l'ho detto. Cioè forse lo so, ma allo stesso tempo non lo so. Hai capito?
"No."
- Nemmeno io, infatti.
"E come farai a scoprirlo?"
- Forse non lo scoprirò mai. Ma un tempo credevo di averlo fatto, credevo di sapere dove voler arrivare.
"E poi?"
- E poi me l'hanno portato via. Quel desiderio dico, me l'hanno portato via. E forse voleva dire che era arrivato il momento di trovarsene un altro, ma niente. Non ci riesco.
"Capisco..."
- Già.
"Brutta storia."
- Già.
"Comunque non è necessario, in fondo, saperlo da subito. Magari passa del tempo e poi lo scopri oppure lo scopri mentre sta succedendo, chissà. Non può essere tutto già deciso, già scritto."
- Dici eh?
"Sì sì, certo. E poi secondo me ci riuscirai..."
- A fare cosa?
"A capire dove andare."
- Sei gentile, grazie. Lo spero anche io.
"Ne sono certa."
- Ma tu che ne sai?
"Io sono te. Ecco come lo so. Quindi lo sai anche tu, ma lasci che lo dica io così sembra più reale, anche se ti stai solo guardando allo specchio."
- ...
"Tu preoccupati solo di arrivarci nel miglior modo possibile. Con il cuore leggero, anche se lo so che ormai è un po' tardi per quello"
- Tardissimo.

venerdì 27 aprile 2018

So long and goodnight.

Tre giorni fa Alessandra ci ha lasciati e ieri l’abbiamo salutata per l’ultima volta. 
Crescendo impari a metterci una pezza, su certe cose. Ma poi scopri che una pezza su certe cose non ce la metterai mai invece.
Alessandra per me era quel parente il cui effettivo grado di parentela risulta ostico da pronunciare a chi, come per la mia famiglia, non dà il minimo peso a queste cose, ma più che altro al tempo passato insieme.
Potrei dire che era semplicemente la cugina di mia madre, ma in realtà è stata molto di più.

Man mano che diventi grande devi fare i conti con la morte, ma mai con la tua - nel senso che quella quando arriva arriva, tanto tu ormai non ci sei più e che te ne frega. Devi fare i conti con quella degli altri, di tutti quegli altri che hanno fatto parte della tua infanzia, della tua adolescenza, della tua vita da adulto parziale.
E non ti abitui mai. Nemmeno dopo tanto tempo. 
Il pensiero che una persona con la quale hai condiviso delle cose ad un certo punto non ci sia più, è martellante.
E martellanti sono anche tutti quei pensieri che ti tartassano la mente senza sosta. E la stanchezza. La stanchezza che ti lascia il periodo subito dopo l’ultimo respiro di quella persona.

Alessandra sette mesi fa aveva seppellito suo marito. Sette mesi fa, praticamente ieri.
E lo aveva fatto all’improvviso, per un male che se lo è portato via di punto in bianco. 
E vabbè, uno potrebbe dire. 
Capita a tutti, si potrebbe dire.
E si, è vero, capita a tutti.
Solo che Alessandra quel male improvviso che le ha portato via il marito l'ha dovuto giustificare anche alle sue figlie. Figlie che ancora della vita conoscono pochissimo, perché ci si sono affacciate da pochi decenni.

Ieri, nella stessa chiesa, a distanza di pochi mesi, eravamo tutti lì di nuovo. Stesse facce, stesse angosce, stessi occhi sgranati e stesse domande.
Io so che le preoccupazioni fanno ammalare. E lo so bene.
Il dolore fa ammalare, i pensieri anche.
Oggi in un momento di nostalgia sono andata a rileggere i messaggi che ci eravamo mandate e mi si è stretto il cuore. 
Nell’ultima conversazione che abbiamo avuto ci stavamo organizzando per vederci, appena fosse stato possibile. Ed invece io alla fine non ho fatto in tempo nemmeno ad andare in ospedale.
Però ieri al funerale c’ero. Anche se preferivo di no.
Sembrava un orrendo déjà vu. 

Io sono molto arrabbiata, con tutti. Per quelli che ci credono lo sono con Dio, per chi invece crede nel Destino allora sappia che ce l’ho anche con lui. 
Mentre vedi certe cose ti frullano in testa solo domande esistenziali tipo: e adesso? E come fanno due ragazzine di diciannove e tredici anni a campare adesso? E io che devo fare? E soprattutto come devo farlo?
Ma tanto poi non ti puoi mica rispondere eh.
Sono arrabbiata anche con lei, perché io lo so che le preoccupazioni fanno male, ma quando hai due cuoricini a cui badare devi armarti di coraggio e prendere tutti a pugni in faccia.
Anche con me sono arrabbiata, perché non posso fare nulla e mi sento inutile.

Certi eventi sembrano fatti apposta per devastarti, mangiarti da dentro e risputarti fuori malconcio, in un mondo che è vivo - anche troppo - e che non ti dà  mai tregua.
Anche se la tregua ad un certo punto devi prendertela e basta.
Quando una persona non c’è più iniziano a venirti in mente tutte quelle cose stupide che ad un certo punto ti sembrano di vitale importanza. Quando morì mia nonna ricordo nitidamente che iniziarono a mancarmi tutte quelle storie sentite trecento volte che ad un certo punto pensavo di non sopportare più.
L’unica cosa che ho saputo dire oggi alle sue figlie è stata “ci vediamo presto”, perché tutto il resto era superfluo. 
Era niente.
Quando le giornate si fanno toste come quella di oggi penso sempre ad una frase che mi ha aiutato in certi momenti bui, anche se lì per lì poi non ci fai tanto caso, ma quando ci ripensi tiri un sospiro di sollievo: “i giorni belli passano, esattamente come quelli brutti”.


E ora che ci penso, non ho fatto in tempo ad appuntarmi la ricetta dei peperoni, ché come li faceva Alessandra non li faceva nessuno. Ma ormai credo sia troppo tardi.