giovedì 13 ottobre 2016

Tredici Ottobre, ore Quindici e Trentotto.

Oggi vorrei essere come tutte le altre.
Vorrei essermi svegliata in un altro corpo, in un'altra testa, in un'altra vita.
Oggi vorrei essere tutto ciò che odio, ma che in fondo invidio.
Mia madre mi voleva diversa: con meno tatuaggi e più studiosa. Mi voleva magra come quando ero piccola, meno prosperosa e meno isterica, ma più oca.
Mia madre mi voleva con i capelli chiari come quando sono nata e nemmeno questo le ho lasciato. 
A mio padre, invece, vado bene come sono. O almeno questo sembra.
Lui non ha mai avuto pretese. Ha sempre accettato tutto così come gli veniva proposto.
Mio padre è quello che quando anni fa, entrando in casa, dissi di volermi fare i capelli blu, rispose "ma perché non verdi?" ed era serio.
Che tipo, mio padre.
Ma oggi non vorrei essere quella figlia, vorrei esserne un'altra.
Oggi avrei voluto svegliarmi nel corpo di una ragazza qualsiasi, una di quelle con una borsa qualsiasi e dei capelli qualsiasi e un cervello qualsiasi e un corpo qualsiasi e una vita qualsiasi; una di quelle con i capelli castani, di quelle che hanno la vita castana.
Una di quelle che tutti guardano e tutti vogliono.

Non so mai fino a che punto le persone che mi gravitano attorno siano in questo vortice per loro volontà o semplicemente perché non sanno dove cazzo andare. Un po' tipo me, alla fine.
Mi sembra di tenere a distanza tutti senza sapere nemmeno come e soprattutto perché e cosa faccio di sbagliato, così, in loop da una vita. Senza capire mai dov'è il punto esatto in cui le cose entrano in collisione e tutto diventa tragico e morboso e senza speranza.
Ogni tanto analizzo con precisione chirurgica tutte quelle fasi delle mie storie per carpire dove e quando ho sbagliato. Sì, perché quando ci penso poi mi addosso sempre la colpa di ogni cosa e automaticamente metto in conto di aver sbagliato io, sempre, tutto.
Non si capisce bene come, ma anche quando penso di aver fatto bene, alla fine, mi si ritorce contro.
Per questo forse non mi piaccio mai.

Forse le ragazze castane con la vita castana e la borsa castana ed il cervello castano non sbagliano mai. Forse hanno qualche super potere speciale che le innalza sopra ogni cosa e le mitizza a tal punto da sembrare dee scese in terra pronte all'uso.
Se la vita fosse un canile io praticamente sarei uno di quei cani con gli occhi dolcissimi, forse con il pelo rovinato, con qualche caratteristica che fa passare oltre la mia gabbia le persone.
Ma in fondo la vita è un po' un canile eh.
Siamo tutti pronti ad abbaiare quando arriva qualcuno più grande, per mascherare la paura.
Cani a parte, nemmeno oggi mi sono svegliata dove mi volevo svegliare.

La costante della mia vita è sempre la stessa: mi vorrei spaccare le tempie sul primo spigolo che trovo per avere finalmente pace.
Poter mettere un punto sull'incontro nevralgico di tutte quelle sensazioni tossiche che non mi fanno respirare.
E' come se per tutta la vita dentro il mio cervello ci fosse stata - e c'è -  una guerra ad armi pari, fra la me che si crede chissà chi e quella che si butterebbe a mare con un peso al collo se ne avesse l'occasione.
La schifosissima e lacerante sensazione di essere così tanto e così niente.
Di essere quella che fa qualunque cosa per dimostrare chi è e non piace mai. Di essere quella che non è mai abbastanza, anche se lo è.
Di essere quella di passaggio; quella che alla fine viene rimpiazzata da qualcun altro.
E si riescono a rimpiazzare solo le persone che non sono niente, quelle di cui puoi benissimo fare a meno. Tant'è.

"Si sentiva molto giovane; e al tempo stesso indicibilmente vecchia. Affondava come una lama nelle cose; e al tempo stesso ne rimaneva fuori, osservava. Aveva l’impressione costante di essere lontana, lontanissima, in mare aperto, e sola."

- Virginia Woolf.