venerdì 25 settembre 2020

È tardi (?)

Quanto fa male rendersi conto di qualcosa. Aprire gli occhi, capire che le bugie che ti sei raccontato per anni altro non erano che meri tentativi di indorare amarissime pillole. Fa male. Punto.


Da giorni penso che non ho più niente da dare, ma soprattutto, non ho più niente da prendere. Non posso aspettarmi niente perché niente è quello che mi spetta. È inutile avere fame, voglia di cose nuove e belle. È inutile perché non arrivano e quando lo fanno sono mascherate; si celano dietro speranze e desideri neanche troppo nascosti. Stanno lì, volteggiano su loro stesse, ma poi volano via lasciandoti anche il dubbio di esserci state davvero.


Io non voglio stare così.

Io sono stanca di fare fatica per ogni cosa.

Non c’è un giorno che mi sembri facile e sebbene siano tutti diversi fra loro, ogni giorno è uguale all’altro per le energie che impiego. 

A lavoro devo essere concentrata.

A casa mia devo sventare i continui attentati a cui vengo sottoposta.

Fuori devo proteggermi dal mondo, ma allo stesso tempo donarmi come è giusto che sia.

Io sono stanca.


Sto attraversando un periodo strano, fatto di apparenza e di cose meravigliose, ma anche di tanto dolore. E non posso parlarne con nessuno. Ci provo, ma - come se avessi di nuovo 13 anni - nessuno mi capisce.

Allora mentre penso a tutto quello che mi è successo e mi succede mi chiedo se sia io la rovina di me stessa o se per una volta posso riposare nella consapevolezza di non aver fatto nulla per vivere così. E per una volta vorrei riposare il cervello e passare per la vittima che non ho mai voluto essere.

Anche se alla fine non era poi così sbagliato. 


Nella mia testa invento scenari di rinascita, come una Fenice che dalle sue ceneri risorge e se ne frega di tutto e tutti perché in fondo lo sa solo lei quello che ha vissuto. Ma sono scenari. Desideri, forse. Illusioni, chissà.


E adesso basta perché sto facendo tardi. Anche se è tardi da una vita.

mercoledì 16 settembre 2020

Non ci riesco mai.

 Faccio sempre questa cosa stupida di esprimere un desiderio quando l’orologio segna lo stesso numero per le ore e per i minuti...o quando mangio un nuovo frutto di stagione per la prima volta.

 Faccio l’errore di affidare al nulla cosmico i miei sogni e le mie fragilità. E mi chiedo quanti numeri uguali devo vedere ancora per osservare qualche desiderio realizzato. Mi piace fantasticare, più che sognare. 

Passo la vita a credere che le cose arriveranno, un giorno. E questo giorno indefinito non so quando sarà, ma ho sempre paura che sia già arrivato e io lo abbia perso o peggio che sia tutto qui. Ma non può essere “tutto qui”, non può perché la vita mi deve ancora qualcosa e i debiti si pagano. Sempre. 

Alla fine quando c’è lo stesso numero sull’orologio e la nuova frutta di stagione in tavola il mio desiderio è sempre uno. E allora mi immagino che qualcuno abbassi l’asticella della difficoltà e metta le cose a vista, a portata di mano così che io possa prenderle. 

Ma alla fine non ci riesco mai.