venerdì 20 maggio 2016

Got None.

Got None è una canzone di Robert Post, che insomma per chi non lo conoscesse è un cantautore norvegese un po' sfigatello e infatti mi ci sono sempre sentita molto vicina.
Lo ascoltavo spesso quando ero piccola perché capitava che passassero il suo video nei canali musicali che adesso praticamente non esistono più, ma io ai tempi non è che ci capissi tanto di canzoni e di inglese e di canzoni in inglese.
Ieri mi è tornata in mente quella canzone, così dal nulla.
E mettendola in riproduzione, adesso che di canzoni e di inglese ci capisco decisamente di più, ho ascoltato il testo e mi è sembrato che parlasse di me.
Ogni tanto la musica è magica: ti torna in mente dopo secoli, quando magari è il momento giusto per farlo e tu puoi solo vagarle appresso.
Got None, come suggerisce il titolo, parla di delusione. Cioè il titolo non lo suggerisce, ma la reazione al non avere, in certi ambiti, è proprio quella lì.
In pochi versi Robert Post ha descritto tutto quello a cui mi capita di pensare spesso.
Al fatto di esser soli, al fatto di aver tentato di tutto, di aver cercato di sembrare diversi con scarsi risultati, al frequentare mille persone e non averne davvero nemmeno una e alla speranza di trovare qualcuno che ti prenda così come sei, ferito, abbrutito dalla vita, sconquassato e via dicendo.
Che bella parola "sconquassato", rende perfettamente l'idea secondo me.
Non voglio convincere nessuno ad ascoltare questa canzone, il mio è solo stupore nel cogliere sempre così tanti segni nel mondo, segni che ad un certo punto sono talmente evidenti che sembra davvero qualcuno stia cercando di parlarti senza fartelo sapere direttamente.

Oggi è venerdì, ed io ogni due venerdì vado nello studio di uno psicologo che cerca di rimettermi la testa a posto da anni e credo che a qualche piccolo traguardo ci siamo arrivati, nel corso del tempo.
Gli ho raccontato che la notte tra Domenica e Lunedì ho avuto un fortissimo attacco di panico, come non mi era mai successo e l'orario in cui è avvenuto ciò a quanto pare coincide con il terrore di morire o di star per morire o di sentire qualcosa di così brutto da paragonarlo alla morte.
Vorrei chiudermi le ghiandole lacrimali a più mandate, oggi, se fosse possibile. Perché non faccio altro che tormentarmi, peggio, molto peggio degli altri giorni. E come sempre è solo colpa mia.
Crescendo ho capito che la colpa è quasi sempre nostra.
Di ogni azione, reazione e situazione. Sempre. 
Essere stressati ha senso solo fin quando ti importa delle cose. Fin quando permetti agli altri di stressarti, fin quando permetti alle situazioni e ai pensieri di prendere il sopravvento.
Fin quando metti il resto, tutto il resto, prima di te.
A me è sempre venuto spontaneo questo. Mi sono sempre dimenticata di me.
E se ci penso trovo assurdo che questo accada, perché siamo le uniche persone di cui non ci si può mai dimenticare. Come ci si scorda di se stessi?! Eppure mi è successo e mi succede ancora.
Lo psicologo mi ha detto che ho tantissima pazienza. Insomma lui lo sa.
Mi conosce da anni e conosce la mia famiglia e sa cosa mi passa per la testa il più delle volte e ha detto che ho molta pazienza. E' vero, ma sono stanca.

Ieri, alzandomi dal letto per arrivare in cucina, ho pensato che faccio tantissima fatica.
Non a camminare eh, ci mancherebbe e nemmeno ad alzarmi dal letto - a parte la mattina.
Ho pensato che faccio una fatica immensa a sopportare.
Perché quando sono in piedi io non sono semplicemente in piedi, io sento un peso gravosissimo sulle mie spalle che mi schiaccia in terra, maledetta forza di gravità.
E sento che non ci posso fare niente, perché è così e basta.
L'aver avuto un attacco di panico così forte mi ha allarmata: mia madre ne soffre da anni, a tal punto che si ritrova a dover scendere dalla metro se è troppo affollata o a non guidare in autostrada se ci sono i camion in circolo. Io non voglio che vada così anche per me.
Ma forse l'ho scampata, perché in autostrada ci guido senza problemi e la metro la prendo, anche se la odio.

Sento che intorno ho un sacco di cose che mi fanno male e, per la paura che mi facciano ancora più male, cerco di non focalizzarle per non affrontarle.
Il Dottor Freud con me si sarebbe divertito tantissimo, peccato le divergenze politiche. Forse.
Martedì sera sono uscita, sono andata ad un concerto.
Non un semplice concerto, un concerto da quindicenne, ma andava bene così.
La mia amica Cristina viene a Roma spesso, quando può, ma lo farebbe ancora di più e se potesse si trasferirebbe pure.
Io e lei parliamo un sacco e mi calma sempre quando ne ho bisogno. Certe persone sono una benedizione, altre meglio lasciar stare.
Insomma al concerto eravamo io e lei, a tornare indietro nel tempo, ma senza capsula temporale, solo ascoltando canzoni che ad ogni verso un po' ti pugnalavano un po' ti facevano ridere.
Un errore che faccio spessissimo, da quando sono diventata grande e disillusa, è quello di non dire alle persone che gli voglio bene. Lo dimostro - credo - ma dirlo mi rimane sempre un po' difficile, un po' melenso, un po' bambinesco. 
E lo so che prima ho detto che la colpa è sempre nostra, ma ogni tanto è pure di qualche stronzo che il bene non se lo è mai meritato e te lo trita davanti, il bene che gli vuoi, e ti fa perdere fiducia nell'umanità e diventi schiavo delle paranoie fino a chiuderti completamente.
Comunque, martedì sera, al concerto da quindicenni, la mia amica Cristina che vorrebbe trasferirsi a Roma mi ha detto che mi vuole bene. E io le ho risposto "anche io", ed è vero.
Forse nel trambusto non si è sentito bene, ma insomma è così.

A Gennaio, da un giorno all'altro, quello che credevo fosse l'amore della mia vita, mi ha lasciato senza un perché, senza darmi la possibilità di poter aggiustare le cose.
Ho passato settimane intere a colpevolizzarmi e dire che avrei potuto fare di più, o forse di meno.
Ho passato giornate intere a domandarmi cosa fosse successo per fargli prendere una decisione così repentina per scoprire solo un mese dopo che, chiaramente, c'era un'altra.
Un'altra che si era fatta strada nella sua vita ancor prima che lui fosse mio e a quanto pare, in un modo o nell'altro, ci era anche rimasta.
Non parlo mai di questa cosa perché mi fa vergognare come un cane beccato a fare la pipì dentro casa. Mi fa venir voglia di strapparmi la faccia e mi fa venire voglia di andarmi a nascondere sotto al letto e non uscire più alla luce del sole.
Mi vergogno che il mondo sappia che lui, l'uomo per cui avrei dato tutto se fosse stato necessario, abbia preferito un'altra a me. Una sciapetta senza senso. Una biondina di quelle che ne esistono centomila. E no, non sto rosicando. Sono sinceramente amareggiata e dispiaciuta e delusa e ferita.
Ho passato a piangere le notti in cui lui dormiva. Magari con lei. 
E questa cosa fa un male che non so spiegare.
Mi sono tormentata - e ancora lo faccio in verità - cercando di capire cosa non vada in me e in quello che faccio. Nel corso della nostra storia io mi sono data così completamente, così profondamente, che ripercorrere ogni attimo in cerca di un punto di rottura è impossibile.
Mi guardava e mi diceva sempre "Noi non siamo come gli altri, noi non litighiamo, non facciamo drammi inutili, perché stiamo bene, perché fra me e te funziona e perché doveva andare così".
Ed io oggi non so più chi sia quella persona. E non so più nemmeno chi sono io.
Mi capita di chiedermi se lui mi pensi, di tanto in tanto, se si è pentito magari. Ma la realtà è che la risposta è no. Non gli manco, non mi pensa e non si è pentito.
Io sì. Di non esser stata pronta a volermi bene quando è stato necessario.

Se ci penso mi sento sempre in colpa nei confronti di me stessa, ma non riesco mai a scusarmi come si deve.
Vorrei amarmi quanto basta per non essere ferita anche dal vento fuori casa, dall'aria gelida che ti taglia la faccia. Anche se non è più stagione.
E' strano essere me. 
Se ripenso al mio amore andato a male, posso solo augurarmi che non succeda più.
Non di essere lasciata, lì oltre che ottimista e speranzosa sarei anche scema, mi auguro semplicemente che non venga più sprecato, che io non venga più sprecata e che magari qualcuno si accorga dei mille sforzi e limiti invalicabili che supero per stare sempre un po' più a galla. Solo un po' di più.
Anche se è finita male, mi ha insegnato un sacco di cose la mia storia d'amore buttato via: so cosa voglio, in generale, dagli uomini che incontro, ma soprattutto cosa non voglio. E forse è anche più importante. 
So che nonostante l'insopportabile dolore al cuore fitto e perpetuo, sono ancora capace di emozionarmi. Che non è roba da poco.
So arrossire ad un complimento e so ridere fino a lacrimare se chi ho davanti mi permette di farlo.
E so riconoscere le priorità e, fra queste, dovrei esserci anche io.

Ho bisogno di tantissime certezze, di sentirmi desiderata e ammirata esattamente come qualsiasi altra persona sulla faccia della Terra.
E ogni tanto qualcuno sembra accorgersene, ma non so perché non dura. Non dura mai.
A volte ho il terrore di essere troppo pretenziosa, di sembrare un cucciolo bisognoso di essere accudito ed io un po' mi ci sento così, ma ho come l'impressione che questo spaventi le persone.
Non dipende da me, è qualcosa di intrinseco e chi ha una certa sensibilità se ne accorge da solo ed io non posso farci nulla.
Ma come dice Robert Post forse l'essenziale è solo trovare quella persona che prende anche i lati negativi di te e quelli più strani e quelli più ambigui e li fa suoi, così tanto da smussarli e rimetterti in sesto. O almeno questo è quello che ci si augura.

"...it's a good day for being found, just crawling in the dirt with my head underground. And it's a good day for you to come, collecting all the pieces of the damage done. And after all the bandages are gone I hope you'll find a favorite part you can work on, cause I've got none. Got nothing at all."

Io non so come saranno le cose nel futuro, spero solo siano meno faticose, meno opprimenti.
Quello che so è che a ventitré anni non si dovrebbe passare il venerdì sera soli a casa a piangere.

”Credo che uno dei motivi per cui le persone si aggrappano ostinatamente all’odio che provano nei confronti di qualcuno o di qualcosa sia dovuto al fatto che, passato l’odio, saranno costretti ad affrontare il dolore.”
 James Baldwin 

5 commenti:

  1. Ho letto il tuo pezzo tutto d'un fiato..ho visto il link su Twitter e in questo sabato mattina, dove finalmente mi sveglio sereno e riposato perché ho appena finito un lavoro lunghissimo e sfiancante di tanti mesi, decido di buttarmi nella lettura. Su Twitter ho poche parole a disposizione per commentare, o comunque in questo caso ho bisogno di più spazio...quindi preferisco commentare direttamente sul tuo blog! Ovvio che la citazione di "Got None" mi incuriosisce...anche se per me è sempre stato solo quel video che all'università mtv dava a rotazione pieno di mille colori di quella canzone super orecchiabile, ma poi la lettura procede e scorre così bene e intensamente che mi trascina. In genere non giudico gli altri, non mi permetto, soprattutto quelli che non conosco..ma raramente si legge qualcosa di una persona che scrive così apertamente e sinceramente e non si vergogna di sentimenti e debolezze..quindi credimi..hai più forza e vitalità di tanti altri..e i venerdì sera da soli come altre cose di cui scrivi a volte fanno semplicemente parte del gioco..comunque intanto grazie di questo bel pezzo mattutino..e buon resto della giornata!

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    1. Massimo, grazie a te e alle belle parole e mi viene un po' da scusarmi di averti fatto leggere un pezzo come questo in un sabato in cui finalmente ti svegliavi tranquillo e rilassato dopo mesi :D

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  2. Nessuna scusa...figurati...e poi mi sembra che la giornata sia comunque piena di sole..di nuovo..buon weekend😉

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  3. Secondo me ricomincerai presto. E' un augurio più che altro.

    ps: per leggere il post credo di aver perso 15 diottrie, miii questi colori e questi caratteri così piccoli :/

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    1. ti ringrazio molto :D

      per quanto riguarda i caratteri, giuro, ma sul mio pc sono di dimensioni normali

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