lunedì 22 febbraio 2016

Ma quando scende la sera, lo sai, che quel sorriso non dura….

Il problema di quando parti è che poi torni a casa.
Venerdì ho preso un treno, l'ennesimo. Alle 07:15 ero in stazione, con una valigia vuota e un cuore gonfio.
Guardavo il tabellone con apprensione, aspettando uscisse il binario e mi veniva quasi da piangere pensando che, praticamente sempre, le evasioni sono a tempo determinato.
Mi è sempre piaciuto guardarmi intorno. Per strada, dico.
Sì perché c'è una varietà immensa di persone, intorno a noi tutti, ma non la vediamo mai in fondo.
Non osserviamo. Ci hanno tolto anche il tempo di fare questo, di osservare.
Nella frenesia generale, soprattutto cittadina, è impossibile concentrarsi sui dettagli ed è un vero peccato.
Perché, sarà pure un detto scontato, ma quanto è vero che sono proprio i dettagli a fare la differenza?
Alle 10:57 sono arrivata  a Foggia.
Certo, non la più gettonata delle mete turistiche, ma per fortuna la vita ed una certa strada intrapresa anni fa, mi hanno portato a conoscere gente in ogni dove. E quei pochi che valgono sono ancora qui, anche se lontani. 
Arrivare in una realtà completamente diversa fa bene. Distoglie.
Venerdì mattina sono stata catapultata in un film. Mi sembrava di star vivendo una vita diversa o una vita non mia. Ed è forse la sensazione più bella che esista, quando il periodo che precede questo sentimento è di un grigio che fa paura.
Avere qualcuno che si prende cura di te è bello.
Chiunque sia.
La Puglia mi ha lasciato tanto e forse mi ha tolto anche di più.
Ho un amico lì, si chiama Alessandro. Ogni tanto mi insegna qualcosa sulla sua Terra, sul suo dialetto, sulle sue usanze e mi avvicina sempre un po' a immagini che prima ignoravo.
Lui non sa quanto ha significato per me questo weekend fuori porta. Forse non lo sa nessuno.
Ho passato giornate infinite, fra scogliere scoscese e paesini del Gargano, dalle vie talmente strette che in due si fa fatica a starci.
E' vero che quando si va via dal Sud si piange, esattamente come quando ci si arriva.
Ho conosciuto un'altra parte del romanticismo ed ho immaginato scenari fastidiosi e smielati, per quelle vie così indecentemente strette e piene di storia. 
Mi è venuta voglia di mostrare a qualcuno queste - non così nuove - scoperte.
La nonna di Alessandro è nata nel '35. 
A pranzo mi ha raccontato cosa volesse dire vivere a Foggia durante la guerra e con gli occhi bassi e la voce un po' rotta, mi ha detto che, quando si è trovata a scappare in un paese vicino, più alto del livello del mare, da lontano vedeva gli aerei bombardare la sua città e piangeva. Aveva otto anni.
Mi ha raccontato anche di quando esplose una bomba nel palazzo davanti al suo, in una zona nuova e residenziale, che fu la prima ad essere colpita. La signora Annamaria era per strada in quel momento e sua madre gridava il suo nome disperata tentando di ritrovarla. E per fortuna infatti la ritrovò, piena di polvere e un po' rintronata dall'esplosione.
Abbiamo condiviso un po' di ricordi insieme, io e questa donna meravigliosa.
Le ho raccontato anche io qualcosa e lei mi sorrideva in modo così gentile che quasi mi commuoveva.
E quasi mi commuovo adesso nel ripensarci.
Le mani nodose dei nonni e le loro storie piene di vissuto vero e sincero sono un patrimonio da coltivare sempre e per sempre. 
La signora Annamaria ha gli occhi azzurri, li ha presi da sua mamma, mi ha detto.
Ha detto anche che sua madre era bellissima e mi ha mostrato una foto per rendermi partecipe di questo. Aveva ragione. 
Ho incontrato persone nuove, una giovane coppia che ha da poco avuto una bambina.
Mercoledì si sposeranno. E nonostante tutto, ho pensato che in fin dei conti, ogni cosa è possibile.
Perché come sempre, all'inizio e alla fine di ogni cosa, come sottofondo e come contorno e come pavimento e come tetto, vi è sempre sto cazzo di Amore.
Amore Amore Amore.
Che due palle. Sarebbe più facile vivere sapendo che l'Amore non esiste, che è un'invenzione dell'uomo, che è solo retorica. Sarebbe più facile.
Peccato che purtroppo bisogna farci i conti sempre. E tocca anche a quelli che fanno i duri e puri, quelli disillusi, quelli amareggiati, quelli stoici, quelli razionali, quelli impauriti. A tutti.
Perché, come si dice a Roma, "a chi tocca, nse ngrugna". Ahimè.
Ho incontrato anche qualcuno del mio passato. O non troppo passato. O qualcuno del mio passato, ma che in fondo appartiene anche al mio presente e, forse, una minima parte di me spera che possa appartenere anche al futuro. Chissà.
Ho guardato il mare, di nuovo. Da vicino.
Non lo vedevo da Maggio. Avrei voluto vederlo più spesso, sono sincera. Ma qualcosa me lo ha impedito.
Davanti al mare, dopo aver fatto mille foto per ricordare quel momento, ho iniziato a pensare.
Ma non c'era niente.
Nella mia testa c'era talmente tanto, che non c'era niente.
Non c'era l'Università, non c'era mia madre, non c'era il mio cane, non c'era Roma, non c'era il cuore, non c'era il cervello, non c'eri tu, non c'era nessuno. Forse non c'ero nemmeno io.
Nella mia testa non c'era niente, tanto quanto invece c'era tutto.
C'era l'Università, mia madre, il mio cane, Roma, il cuore, il cervello, tu, tutti gli altri e forse anche io.
Quello che so è che c'era un vento fortissimo.
E come dice Giorgio Canali, verrà un vento caldo a cancellare questa umidità. Bisogna solo aspettare.
Ma il vento, in Puglia, era freddo. Ancora freddo.
La sera ho ritrovato un po' di quella goliardia che non mi lascia mai.
Vecchi amici, vecchie storie.
Certe situazioni non cambiano mai. Cambia tutto il resto, ma quelle mai.
Come non cambia il fatto di ricordarsi da dove si viene e dove si vuole arrivare.
Non cambiano certe canzoni.
Non cambiano nemmeno le sensazioni in merito.
E me ne sono accorta sull'autostrada, mentre la macchina di Alessandro tornava verso la città.
La musica andava e in quelle parole ritrovavo il mio passato. Ma anche un po' del mio presente.
E, come al solito, probabilmente, un po' del mio futuro.
La storia, come la vita, è ciclica. E non possiamo essere così presuntuosi da credere che alcune cose non torneranno mai. Anche le più brutte, purtroppo.
Alessandro ha un cane, si chiama Hedo.
Ha circa cinque anni. E si è affezionato a me.
Rientrando a casa, vedendolo scodinzolare, ho avuto un tuffo al cuore ogni santissima volta.
E affondare le mani nel suo pelo lungo e bianco mi ha ricordato quanto mi manchi avere un cane per casa.
Già, perché mettiamoci anche questa: non mi è passata per niente.
Anzi mi viene anche un po' da piangere se ci penso.
Allontanarsi da Roma, a volte, fa bene.
Ti aiuta a riprendere il contatto con la realtà. E ti aiuta a tornare a casa e fare i conti con la vera realtà, quella che è meglio dimenticare. Anche se non si può.
Sabato sera sono andata a dormire con la morte nel cuore ed il terrore di tutto.
Al pensiero di dover tornare sentivo una morsa allo stomaco.
E' più facile gestire i problemi, quando si è lontani. Troppo facile. Infatti non si può fare.
Domenica mattina, mentre ricomponevo la mia valigia, pensavo a quanto e come farmi coraggio.
Pensavo che avrei dovuto riprendere in mano tutto. Che a Roma si ricomincia.
E che, in fondo, Roma te lo dà sempre il modo per ricominciare. Pure quando non vuoi.
Il treno di ritorno speravo non arrivasse mai e invece puntuale come un orologio svizzero. Ho trovato il mio posto, ho letto per tutto il viaggio. Ho cercato di dormire con scarsi risultati e ho ascoltato una signora parlare con un'altra signora. Dirle quanto si trova bene in Puglia, nonostante lei sia romana.
Le diceva, con una potentissima calata romanesca, quanto sia bello vivere in un posto che ha il mare vicino e le diceva che era contenta di tornare nella Capitale, perché avrebbe rivisto i suoi parenti. Suo fratello, in particolare.
Il pensiero di te a volte resta al suo posto, tacito e nascosto. Come un'amara consapevolezza che ormai ha trovato il cantuccio comodo - anche se per me un po' meno.
Altre volte invece arriva prepotente, come una lama gelida nel petto. E non ci posso fare nulla.
Questo mi uccide.
Ieri sera, tornata a casa, dopo una doccia interminabile, ho iniziato a ricomporre i pezzetti delle mie giornate. Ho iniziato a pensare alle cose belle vissute in due giorni.
E ho iniziato a pensare che forse sono sulla strada giusta, anche se ancora il traguardo è lontano.
Oggi ho ricominciato le lezioni all'Università.
Ho conosciuto delle persone nuove, il che già di suo mi sembra un record. Ho anche un po' riso.
Tornando a casa, in macchina, ho riesumato un vecchio CD fatto anni fa.
Mi è passata letteralmente una vita davanti. La mia.
In certe canzoni mi rivedevo a diciassette anni, sotto il palco, a farmi conoscere e riconoscere da tutti, mi vedevo in giro per tutta Italia, sempre sotto al palco, sempre sotto allo stesso palco degli stessi gruppi.
In altre canzoni mi vedevo in camera, più o meno alla stessa età, rinchiusa in quattro semplici mura, che più che un rifugio, erano e sono una prigione.
In altre canzoni ancora ho rivisto semplicemente tanta gioventù e tanti cambiamenti.
Canali, sempre lui, ha scritto una canzone.
Ne ha scritte tante in verità e molte parlano di me. Ma una in particolare mi strazia il cuore.
Letteralmente, fa così:

Tutti gli uomini della tua vita, in un'unica puntata
di volti, odori, stronzate già sentite, bugie miscredute,
se soffi via la polvere è un lento scorrere di guardi, di ricordi, di cose capite troppo tardi, di sottotitoli per "nontroppobrillanti",
di magici istanti dilaniati dalle esplosioni delle suonerie personalizzate che annunciavano indiscrete lieti eventi. Altrui. 
Tutti gli uomini della tua vita...
uomini in esclusiva, uomini solo in prova, uomini raccattati nel pattume, uomini coperti di piume, di insulti, dimentichi i volti, ricordi, brividi nella spina dorsale, chi ti ha fatto male, chi ti ha resa felice, chi "nonsidice" per pudore, per amore, proprio o improprio che sia.
Uomini scappati via, uomini lasciati fuori dalla porta a marcire, uomini da due lire.
E' un lento scorrere, se soffi via la polvere.
Per questo resti da sola, ma lo sai che prima o poi ci cascherai ancora, come un'idiota ti innamorerai di un altro idiota ancora 
Lo sai, lo rifarai. Sarà la primavera, sarà che gli idioti sbociano, come fiori sugli alberi.

E balli da sola, con mille occhi su di te e lasci senza parola ogni idiota che ti vede sorridere.
Ma quando scende la sera, lo sai, lo sai, lo sai che quel sorriso non dura. 
"Love will tear us apart again".


Questa più che una canzone, è un mantra.
Per due minuti e mezzo ho sopportato il fastidio di guidare con gli occhi lucidi e il cuore un po' pesante.
E ho pensato, di nuovo, perché non mi fermo mai, ho pensato che questa è una giostra.
Una giostra infima, sudicia, probabilmente anche un po' malandata.
Ma ormai ci sono e la devo mandare avanti. Che senso avrebbe, altrimenti, restare dove sono?
Soprattutto perché dove sono non c'è niente di buono. Non più.
E così resto da sola, ma lo so, lo so, che prima o poi ci cascherò ancora e come un'idiota mi innamorerò di un altro idiota ancora. Lo so, lo rifarò. 

Sarà che gli idioti sbocciano come fiori sugli alberi.

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