martedì 9 febbraio 2016

Febbraio.

La vita è diversa a Febbraio.
E' post apocalittica. E' vivere nonostante tutto.
Vivere senza un pezzo. Ma soprattutto, è vivere?
E' passato un mese e tre giorni dall'esplosione della bomba che ha ridotto in pezzi il mio equilibrio.
E mi sento un po' Will Smith che vaga in una città deserta, da solo, pronto a spaccare il cranio ad ogni zombie che si mette sul suo cammino.

A Roma continua ad esserci un Sole davvero poco invernale, ma va bene così.
Probabilmente è un regalo pronto a scaldarmi nonostante io senta un gran freddo. Dentro.
Non ci sono ripari, per certi temporali dell'anima.
Non ci sono ombrelli, tettoie, fessure dove ripararsi.
Ci sei solo tu, in mezzo ad un'autostrada di sensazioni, che ti bagni di pioggia acida e ti fai arrivare addosso qualsiasi saetta esistente.

Sono periodi incerti, questi.
E' come se la vita mi avesse iscritto ad un corso in palestra che non volevo frequentare.
Come se, di punto in bianco, qualcuno avesse deciso fosse arrivato il momento di aderire a qualche ora di autodifesa.
Ma io non voglio difendermi. O almeno, non da tutto.
Il mondo è già problematico di suo. Nasci con i canini pronti a squarciare qualsiasi lembo di pelle non ti permetta di arrivare dove devi. Nasci con le unghie in fuori, sempre tese pronte a graffiare ogni straniero.
Che senso ha doversi difendere da qualcosa che si ama?
E' contro natura, è antropologicamente sbagliato. E' l'annichilimento della ragione e dell'essenza umana.

E' per questo che provo rifiuto per la vita umana.
Perché niente trova il suo posto e quel poco che lo fa, si sgancia dalla sua postazione, un giorno, così, per caso, senza motivo, per andare alla ricerca di un'altra postazione senza la garanzia che possa essere più comoda, più confortante. Senza nessuna garanzia.
Non è più una questione di rischio, è immaturità.
E' paura.
E la paura, posso confermarlo, è una grossa e irrazionale stronzata.

Nella vita le cose che fanno paura sono tante, infinite.
E ancora non capisco perché non si possa decidere di mandarle a fanculo, così come il resto delle cose che non ci piacciono.
Il confine è talmente sottile, che avere paura non fa altro che renderlo spesso e lastricato di punte farinose che si sgretolano e ti sommergono.

Sento che stanno cambiando delle cose, così come lo avvertivo l'anno scorso.
Ma vorrei avere il potere di mantenere quello che è giusto, quello che mi fa stare bene.
Come se fosse una scelta solo mia.
Indipendente dal resto delle persone, delle cose, delle azioni, dei fatti, delle parole.
Vorrei tornare indietro, forse.
E vorrei solo andare avanti, forse.

Se mi chiedessero come sono arrivata qui, io non saprei cosa rispondere.
Ad oggi continuo a non sapere cosa ho fatto, quali passi ho mosso, quali sorrisi ho evitato, a quali risate ho dato sfogo per essere qui, dove sono ora, come sono ora.
Non lo so.
Mi manca un pezzo. Mi manca un lasso temporale di trentotto giorni.
Trentotto giorni consecutivi che ho vissuto non vivendo.

Ma qualcosa di buono ne è uscito fuori, anche se minimo.
Anche se fa male il doppio.
Anche se è poco.
Anche se non basta.
Anche se è tutto qui.
Anche se non posso farci niente.
Anche se adesso non so come me la caverò.
Anche se Febbraio è il mese delle piccole rivincite.
Anche se intorno a me vedo uno schifo che non sopporto.
Anche se l'orrore che provo non tira fuori niente di bello, nemmeno queste parole.
Anche se mi piacerebbe ricominciare.
Anche se pensandoci è solo peggio.
Anche se di tempo ancora ne deve passare.
Anche se di tempo, alla fine, non ne passa mai.

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