martedì 29 marzo 2016

Di pomeriggi passati in casa barricati fra le lenzuola.

Ieri sera sono uscita.
Non era la serata giusta per rimanere in casa.
Ci sono giornate che sembrano un continuo attacco terroristico alla tua persona.
Sembra che ogni minuto debba volgere a provocare del dolore, non so perché.

Uscendo dal portone ho visto che sul muretto interno al cortile del mio palazzo c'era una rosa.
Una di quelle che puoi comprare dal fioraio.
Incartata benissimo, appoggiata lì.
Ho trovato che fosse una delle cose più tristi del mondo.
Non sono un'amante dei fiori, anzi.
Gli unici che tollero sono i tulipani. Bianchi. Nessun eccezione, ma quella rosa mi ha incupito.
O meglio, tutto ciò a cui mi ha fatto pensare.

Da sempre quando sono in giro e mi capita di aspettare qualcuno, mi ritrovo ad immaginare le vite degli altri.
Le persone mi passano davanti e io immagino la professione che svolgono, se hanno figli, se sono sposate, se sono felici, se sono tristi.
Mi è capitato di fare lo stesso per quella rosa.
Non so per chi fosse, chi l'avesse comprata, non so nulla.
Trovo semplicemente ingiusto che stesse lì.
Era palese fosse un regalo, forse una dichiarazione.
E mi ha fatto gonfiare il cuore immaginare che non fosse andata come il mittente sperava.

Oggi era ancora lì, la rosa.
Nessuno l'ha reclamata.
Non ho mai ricevuto dei fiori, è vero che non mi piacciono, ma probabilmente il gesto mi stupirebbe talmente tanto che scriverei a tutte le mie amiche per raccontare il fatto.
E di certo non lascerei il mazzo in questione per strada, su un muretto.

Ci raccontiamo sempre che le persone che ci hanno lasciato prima o poi ci rimpiangeranno.
Credo sia solo uno step necessario per superare al meglio le situazioni difficili e le mancanze.
E' dura accettare che, forse, solo forse, alcune persone non rimpiangeranno mai le loro scelte, che non sentiranno mai la nostra mancanza e che vivranno la loro vita senza sentire di affrontare le giornate senza un pezzo.
Senza avvertire una fitta proprio lì, nel petto, ogni mattina.

Quando meno te lo aspetti arrivano ricordi come sciabole.
E' in quel preciso momento in cui, sospirando, ci si raccontano le bugie.
Ci si dice che va tutto bene, anche se fa ancora male.
Che le cose poi cambiano.
Non lo so se è vero, ma ci spero.

Il mio cervello si è talmente assuefatto alla sensazione dell'effetto placebo, che non lo avverte più.
Non c'è scampo.
E' un vortice.
La Primavera mi sta facendo del male, queste giornate di Sole mi ricordano ancora una volta che non sono pronta ad affrontare questa stagione, non così.

I mesi passano ed io non faccio altro che contare i giorni, come succede dopo un incidente quasi mortale.
L'uomo è fatto per ricordare le date importanti.
E mi fa un po' schifo pensare che fra le mie date importanti ci siano un sacco di date funeste.
Quasi come se non si potesse mai lasciar indietro, nemmeno per un secondo, il male.

Pensare a quest'estate mi fa paura.
Già tremo al pensiero, perché sarà un'estate come tutte le altre estati prima dell'ultima.
Arriverà il giorno del mio compleanno e non saprò accettare il fatto di avere un anno in più, insieme a qualche decina di pianti in più e qualche chilo in più sulle spalle e qualche pensiero in più nella testa.
Ma soprattutto non saprò accettare la solitudine.
L'essere contornata da gente che di me sa poco e niente e non avere una via di fuga, non avere un cuore in cui rifugiarsi e spalle larghe nelle quali riposare.

Ci penso in anticipo, perché ho paura.
E' come sapere di star andando contro un treno in corsa e non poter far niente per fermarsi.

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