martedì 8 settembre 2015

Abruzzo.

Ogni volta che mi trovo ad utilizzare la lacca per capelli mi viene da pensare a mia nonna.
Ogni ricordo che associo alla mia infanzia ha un profumo.
Lei ha il profumo dolciastro della lacca e quello pastoso del rossetto.
La mia infanzia odora anche un po' di Ovetto Kinder, comprato al bar sotto casa.

Quando penso a lei, automatico arriva il ricordo nostalgico dell'Abruzzo.
Delle mille estati passate lì, al mare.
E anche un po' in montagna.

Avevamo una casa, una bella casa a dire il vero.
Era al secondo piano di un comprensorio bellissimo, pieno di verde, a neanche 100 metri dal mare.
Non che la vicinanza con la spiaggia mi entusiasmasse parecchio, ma sapere di essere così vicini a qualcosa che le persone amano, un po', mi rincuorava. Non so perché.

Dormivo sempre nella camera in fondo al corridoio, anche se ahimè, si affacciava proprio davanti alla ferrovia.
Quello che dicono è vero. Ci si abitua alle cose. Anche al rumore del treno in piena notte.
Uno ogni tanto, per carità, ma ci si abitua anche a quello.
In effetti ci si abitua a tutto. Male, ma lo si fa.
Forse perché va fatto e basta.

Non faceva mai caldo.
Anche ad Agosto, il clima era sempre temperato.
Una goduria per me che sopra i 20 gradi inizio a dare di matto.

C'è stato un periodo in cui l'appartenere - anche - a quel posto non mi entusiasmava per nulla.
Le solite fasi pre e post adolescenziali del cazzo.
Quelle in cui non ti sta mai bene niente, insomma.

Con il crescere ho iniziato a vedere quel posto come un gradino necessario.
Un livello obbligatorio. Un passaggio da ripetere ogni Estate.
E l'ho capito tardi. Ovviamente.

L'ho capito una notte. In spiaggia.
L'anno prima nella stessa spiaggia scappavo dai miei problemi. I problemi della città.
E' incredibile come alla fine ogni cliché sia poi confermato e annullato, diventando una delle tante leggi che reggono il mondo.
Incredibile come trovandoti davanti al mare, di notte, sembra che tutto possa passare oltre.

Non ho mai avuto storielle estive.
Non sono attaccata a quel luogo per qualche ricordo amoroso o simili.
Il mio è un attaccamento di tipo viscerale alle origini.
Le stesse origini che poi ho visto svanire non si sa bene perché.

L'hanno venduta, la casa. L'hanno venduta anni fa.
Non ne ho mai capito il motivo e anzi tutte le notizie che mi arrivavano le annoveravo fra le scuse più banali che potessi sentire.
Mia nonna un giorno mi aveva preso sottobraccio e avvicinandosi mi aveva detto "Questa casa è per voi, io ho fatto di tutto per averla perché potessi lasciarla a voi, quando crescerete ci verrete senza genitori e sarà il vostro posto. 
Avrete sempre un posto qui."
E noi, da bravi egoisti del cazzo, nemmeno questo abbiamo saputo fare.
Non ci siamo tenuti nemmeno un posto. Il nostro.

Ho sempre pensato di averla delusa, in qualche modo.
Anche se lei sa che non è mai stata colpa mia.
Oggi la gente quando parla di quel luogo e di quella casa mi dice che avevo ragione, che forse dovevamo tenerla. Già.
So benissimo che dovevamo tenerla.

E invece adesso non abbiamo né la casa, né il mare, né nonna e nemmeno i ricordi.
Semplicemente, forse, non abbiamo nulla.
Perché la testa fa brutti scherzi e magari un giorno non avremo nemmeno più questa  memoria e allora sarà tutto svanito.

Anche il mare.

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