venerdì 20 novembre 2015

Oggi smetto.

Di fare certe cose si smette. Così, di colpo. Si smette.
Un giorno decidi che del rossetto rosso non ne puoi più, della frangetta non ne puoi più e pure gli anfibi ti hanno un po' stufato.
Allora smetti. Da un giorno all'altro.
Non so come e perché succeda, ma va bene. Lo accetto.
Ci sono cose che fino a ieri ti sembravano normali e oggi invece non le rifaresti nemmeno sotto tortura.
Smetti di fare, di credere, di volere, di non volere.
Perché è vero, si può decidere anche di non voler più fare, pensare, avere, amare una certa cosa.
Anni fa mi aggrappavo a questa sensazione secondo la quale alcune persone, soprattutto una, sarebbero state indimenticabili. Oggi credo che nessuno lo sia.
O meglio, lo siamo tutti, ma a tempo indeterminato.
Può durare dieci anni o dieci secondi. Ma prima o poi si dimentica anche il ricordo più doloroso e rimane quel leggero fastidio. E' un fastidio pari a dieci anni o dieci secondi di rabbia repressa, di parole non dette, di scenari mentali, di momenti non vissuti.
L'altro giorno guardavo una foto. Mica una qualsiasi, eh.
C'erano due persone e non due persone qualsiasi.
In quella foto ci ho visto due corpi che fingevano e ostentavano una felicità non proprio reale.
La felicità di comodo. Quella di quando ti chiama tua madre e dici che va tutto bene, ma lo sai anche tu che un solo tassello fuori posto scombinerebbe tutto questo tuo precario mondo.
Fatto di auto convinzioni pericolose.
C'erano due volti, in questa foto. Sebbene anni fa davanti ad una cosa del genere sarei probabilmente potuta morire, mi sarei potuta dannare l'anima chiedendomi perché, giorni fa la mia reazione è stata di sdegno.
Sdegno profondo nei confronti di quelle persone in foto.
Mi sono chiesta come ho fatto a farmi rovinare il cervello da una faccia da schiaffi come quella e come ho fatto, io, sempre io, a farmi rodere il fegato davanti ad una persona così mediocre e insulsa.
Questi ragionamenti mi portano sempre a darmi la colpa di ogni evento passato.
Forse è così, alla fine.
Forse è colpa mia.
Ma si può uscire da un senso di colpa e perdonarsi. Davvero.
Si può. Ne so qualcosa.
Ci sono voluti anni, che mi sono sembrati secoli. Se guardo indietro sembra un'altra vita, di qualcun altro addirittura. E questo vuol dire che sono lontana da questo ricordo, da questo senso di colpa.
Mi sono rialzata e l'ho fatto da sola.
Non è retorica. E' la verità.
La mia dottoressa dice che bisogna alzarsi la mattina, guardarsi allo specchio e dire ad alta voce "io mi amo".
La prima volta che me l'ha detto sono scoppiata a ridere, imbarazzatissima.
E la sua risposta è stata "se ti viene da ridere c'è un problema. Risolvilo."
Questo mi ha lasciato così senza parole e così vuota che uscita dal suo studio avevo la febbre a 39 e mezzo.
Roba psicosomatica ecc ecc.
Allora ho pensato, vale la pena farsi mangiare il cervello da questo ricordo?
Da questa vita non vissuta?
Da questa convinzione solo mia di ciò che sarebbe potuto essere se?
Questo senso di colpa di essersi concessi a persone sbagliate, in situazioni sbagliate, è una larva che da dentro toglie tutto ciò che di buono si ha. Anche quel poco.
E succede sempre, in qualsiasi involucro umano.
E' uno schifo che forse dobbiamo sopportare per raggiungere un posto migliore. 
Per quanto ogni posto abbia i suoi anfratti bui e angoli spigolosissimi, ma probabilmente può essere migliore di qualsiasi altro posto sudicio in cui siamo stati. Chissà.
Pare sia vero.
Quella foto, quelle persone non mi fanno più effetto.
Sembra incoerente, perché ne sto parlando, ma aiuta ad esorcizzare quel minimo fastidio che ci resta attaccato. Sempre e credo per sempre.
Soffrire porta a riconoscere le situazioni di pericolo.
Il mio training è durato ventidue anni. 
Adesso sono in fase di addestramento per concentrarmi su una parte della mia vita che non ho mai avuto.
Credo qualcuno possa capirmi.
Ogni tanto arriva qualche messaggio di gente che legge questo blog, gente che mi ringrazia perché uso parole che da sempre vorreste usare voi.
Qualcuno dice che mi capisce e qualcuno che no, non mi capisce, ma mi abbraccia da lontano.
Mi gratifica pensare che forse quello che scrivo può essere utile, anche solo per esprimersi.
Anche solo per leggere da un altro quello che vorremmo aver scritto noi.
Mi dispiace sempre un pochino sapere di gente che "ne sa qualcosa". Perché mi fa pensare che anche la vostra vita non sia stata delle migliori fino a qui, ma se metà dello schifo me lo sono lasciato io alle spalle, allora può farlo chiunque. Anche e sicuramente meglio di me.
Non ho ancora superato il mio lutto. D'altronde sono passati solo tre giorni.
Non riesco ancora a farmene una ragione e forse non riuscirò a farmela entro breve.
Mi sono imposta di stare meglio.
Mi sono imposta di uscire, di fare le cose normali che facevo fino a martedì.
Me lo sono imposta perché fa parte della nuova vita che voglio vivere. 
Fa parte del mio addestramento, credo.
Me lo sono imposta perché, nonostante tutto, me lo merito.

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