domenica 4 ottobre 2015

Repost.

Ho ripensato ad una cosa che mi è successa due anni fa.
Era probabilmente un Lunedì mattina, avevo fatto tutto di corsa litigando con il tempo. Come al solito.
Ero uscita di casa.
Era Novembre e faceva freddo.
Il gelo mi aveva dato uno schiaffo in faccia tanto per rendere più insopportabile quella mattinata.
Era il periodo in cui avevo deciso di muovermi con i mezzi per evitarmi traffico e parcheggi a pagamento.
Un periodo che è durato poco, senza dubbio.

L'autobus era, ovviamente, in ritardo.
Maledicevo ogni singolo secondo perché non lo vedevo arrivare.
Passavano tutti, tranne il mio. Come. Al. Solito.
Finalmente da dietro alla curva, dopo svariati quarti d'ora d'attesa, eccolo arrivare.
Salendo ho notato con enorme raccapriccio di esser finita in mezzo ad una scolaresca che andava in gita. Subito il mio pensiero è stato "Ecco, ci mancava, sono finita all'inferno".
Mi ero seduta in modo distratto, guardando a terra probabilmente e spingendo subito il viso verso il finestrino. E' la mia tattica. Guardo fuori, così da non dover guardare dentro.
Sull'autobus e più in generale nella vita.

Non so cosa sia successo ad un certo punto, so solo che mi sono girata e davanti a me era seduta una bambina che stava tutta sola.
Guardava le sue compagne di classe che giocavano a fare le troie, disturbando tutto l'autobus con l'eccessivo volume delle canzoncine orrende che uscivano dalle casse dei loro cellulari.
Lei le guardava e stava in silenzio.
Era tanto bella. Con dei capelli lunghi biondi, gli occhiali e un corpicino magro magro.
Mi sono accorta che in lei c'era qualcosa di diverso, credo fosse affetta da qualcosa.
Niente di grave, niente di orrendo. Qualcosa che però faceva sentire giustificate le sue compagne di classe a lasciarla sola, con un'estranea seduta davanti, mentre loro erano ammassate insieme a ridere e sfottersi.

Lei continuava a stare lì seduta, da sola. Senza nessuno che le parlasse.
Ad un certo punto avevo sentito qualcuno chiamare il suo nome per un istante e, se fosse stata notte, i suoi occhi avrebbero potuto illuminare un'intera strada.
Qualcuno l'aveva considerata, anche solo per un attimo.
Ricordo che mi misi a piangere, nascondendomi negli occhiali da sole, guardando fuori, fingendo di non accorgermi di nulla.
Ho pensato che a casa dovevano amarla molto. Non lo so perché, lo pensai e basta.
E credo che per la prima volta nella mia vita ho sperato che un essere umano che non aveva assolutamente niente a che fare con me, potesse avere una vita migliore di quella che si prospetta a tutti.
Vedevo nei suoi occhi tutto il desiderio del mondo di non essere esclusa, di essere considerata.
Anche se forse essere diversa da quelle arpie era la sua più grande fortuna. Non so.

Comunque poi ho capito.
Non era il mio inferno quello, era il suo.

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