sabato 23 aprile 2016

Ti dicono che sei speciale mentre guardano nel carrello delle offerte.

In questo grande supermercato dell'esistenza si fa la spesa giorno per giorno.
Forse la crisi economica nella quale, apparentemente, ci troviamo da anni ha influito anche sui rapporti umani.
Non per cadere in banalissimi cliché, ma quando ero piccola ricordo perfettamente che, andando a fare la spesa con mia mamma, riempivamo il carrello tantissimo, fino alla fine, fino a quando andava a finire che dovevo tenere le cose in mano perché non c'era più posto.
E quella stessa spesa ci durava un sacco di tempo.
Adesso è già tanto se non bisogna stare a comprare il latte tutti i giorni, a casa mia. E tra l'altro perché non lo beve nessuno.

Con l'andare avanti del tempo, il carrello è sempre stato un po' più vuoto e il prezzo sempre un po' più alto.
Mi rendo conto che non sia il paragone più romantico che esista, ma al liceo ho fatto Diritto ed Economia, quindi ogni tanto riesco ad essere fredda e calcolatrice su sfere che di freddo e calcolatore dovrebbero avere ben poco.
Mi sono accorta che i rapporti a due sono un po' come il carrello della spesa.
Se fossimo a scuola farei una bella fascia temporale, di quelle che si facevano alle elementari, quelle che andavano dall'età della pietra, fino ai giorni nostri.
La mia fascia temporale inizierebbe dai primi anni Novanta, fino ad arrivare a questi miseri anni Duemila.

I rapporti a due si svuotano come il carrello in tempo di crisi.
Io negli anni Novanta avevo pochissimi anni, in realtà. Però alcune cose me le ricordo.
Mi ricordo che i miei zii stavano insieme da tanto, ma non potevano sposarsi perché mia zia doveva ancora divorziare dal suo ex marito.
Mi ricordo che i miei stavano ancora insieme e mio padre portava le stecche di sigarette a mia madre e le dava un bacio sulla fronte appena rientrato a casa. E a me una volta un peluche a forma di gatto che avevo visto qualche giorno prima al centro commerciale.
Negli anni Novanta, mi ricordo, i miei nonni materni erano ancora giovani e mia nonna paterna mi parlava sempre di suo marito, padre di mio padre, che purtroppo non ho mai conosciuto.

Gli anni passano e arriva il Duemila.
Allora i miei zii sono in fase di rottura ed è tutto un gran casino, i miei si sono rotti da anni invece.
Ed i miei nonni, da tre, sono diventati uno.
Nel mio carrello adesso c'è davvero poco, ma il prezzo è altissimo.
La vita la vedo come una grossa gigantesca vetrina ambulante, dove nel mezzo ci sei sempre tu.
Manichino insostituibile, come se il negozio che ci vendesse non sia in grado di esporre altro.
E non perché siamo la merce più costosa o più pregiata, semplicemente perché è l'unica che ha.

Sento che ogni tanto qualcuno ci entra, in questo negozio.
Ti guarda, ti gira, ti rigira, ti posiziona addosso per sapere come staresti nell'eventualità qualcuno ti portasse fuori e poi ti posa. Oppure ti prova. E poi ti posa.
O ti butta via.
O spesso e volentieri ti rovina in qualche modo.
Magari ti cade addosso la cenere della sigaretta o ti stropiccia in malo modo o ti tira e ti strappa e non ti ricuce più.
Ecco, è così che mi sento.

Ultimamente mi sono sentita dire un sacco di belle cose. Anche da persone che non credevo potessero pensarle - vabbè io non lo credo mai, ma questa è un'altra storia - .
Quando meno te lo aspetti entra qualcuno in negozio, si vede che la vetrina è davvero allestita bene, perché ti senti irresistibile. Ed io quando mi sento irresistibile ho paura, perché è quello il momento esatto in cui le persone invece, guarda un po', sono un po' sulle spese e devono fare economia per il mese prossimo e per il prossimo vestito e per la prossima persona, soprattutto.

Insomma all'inizio nessuno guarda il prezzo.
Anche io lo faccio, nei negozi e con le persone. Arrivo, guardo, compro. Poi quando arrivo a casa, nella comodità della mia camera, mi provo tutto e spesso bestemmio perché non mi sta bene nulla.
Sarebbe più facile fare tutto in negozio, mi dico sempre. Ma non imparerò mai, mi sa.
La gente fa quello che io faccio con i vestiti.
Ti guarda, ti vuole, ti tiene un po' nella busta, ti prova, si accorge che forse costavi troppo per quello che volevano spendere e quindi tanti saluti. E nessun reso.

Ecco, la novità è che questa roba qui inizia a darmi un po' fastidio.
Per un semplice fatto: se una maglietta mi sta perfettamente e sembra cucitami addosso, io me la tengo. Ma me la tengo per anni, anche per sempre. Finché non è lisa.
Perché mi sta bene e mi valorizza.
Non mi sento di sminuire qualcuno se affermo di fare la stessa cosa con gli esser umani.
Ho conosciuto anime che nella mia ci stavano a pennello, ho conosciuto anime con le quali mi sono fusa nemmeno fossimo in mezzo alla lava di un vulcano in piena eruzione.
E le ho tenute. Tutte. Anche quando sono tornate nella loro vetrina, pronte per essere scelte da qualcun altro.

Quello che voglio dire è che se veniamo considerati più di un semplice pacchetto di gomme esposto davanti alle casse, perché veniamo invece trattati come il dentifricio in offerta 2x1 al modico prezzo di 1,50 euro?!
Parlando seriamente, gli ultimi mesi mi sono serviti a capire ancora un po' chi sono.
Sì, perché anche se mi frequento da 23 anni, a volte scopro ancora novità su di me. E questo forse è un bene. 
Negli ultimi mesi ho acquisito più sicurezza su certe cose e mi sono sentita diversa. Cresciuta, in qualche modo.
Sarà forse perché ho finalmente vissuto parte delle esperienze che mi mancavano per completare un quadro già avviato.
Bene.

Probabilmente, fra le mie nuove consapevolezze, vi è anche quella di sentirmi un pezzo unico.
Come i coatti che nel 2007 scrivevano sulle loro foto di essere LIMITED EDITION. Ecco, un po' mi ci rivedo.
Forse devo aspettare di incontrare un collezionista, uno che di cose belle e rare ne capisce.
Uno che mi tiene con se e non mi vende al miglior offerente.
Uno che mi espone nella sua privatissima vetrinetta di casa, dove troverò il mio posto.
Lo so, fa molto quindicenne in crisi, ma se sono così speciale perché è tanto difficile affezionarsi a  me e custodirmi gelosamente?

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